Iperdenti. Episodio 16. Lo sputo.

Romanzo suddiviso in tre parti: AltroveHuper Vision e Iperdenti.

Genere: Fantascienza di Borgata

Il romanzo, ambientato a Roma Est, all’interno di un centro di scommesse sportive in prossimità di borgate periferiche, e scritto in prevalente accento romanesco, nel titolo allude a un gioco virtuale, nel quale vengono risucchiati i personaggi. Tean, Aida, Juri e Tim non sanno tuttavia di essere intrappolati all’interno di quel gioco, in cui accadono eventi incomprensibili. Nel gioco si sviluppa infatti la misura stessa della tridimensionalità, che gli è connaturata, per abbracciare altre dimensioni: mondi filiformi, in grado di generare altre realtà, tutte distorte. Così, nei pensieri e nelle azioni i personaggi saltano da uno stato all’altro, senza rispetto delle regole temporali. L’incomprensibilità delle azioni è frutto della logica del gioco, che invade la loro coscienza; e proietta il presente, che i personaggi vivono o credono di vivere, verso una deriva onirica e ferocemente surreale. Si tratta di un romanzo ciclico che nella sua struttura riproduce le gabbie virtuali che sono parte della condizione odierna.

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Immagini da: (H)earth di Sante Simone, collage digitale, 2020 

RV6- Lo sputo – episodio 16

Tean cerca di allentare la tensione mettendo una mano sul gomito del padre, tenta di fermarlo. I suoi occhi sono pieni di vene rosse, le pupille allargate, la saliva sui lati della bocca schiuma, i denti ingialliti stridono violenza frenata. Dall’altra parte, la guancia della madre disegna una mano piccola, sembra la mano di un bambino, ma è rossa come le labbra di Tean. La situazione sembra sotto controllo per il momento. Entrambi sono fermi. Sembra che il tempo si fosse fermato sui loro corpi. Gli occhi negli occhi, non importa dello sguardo, è relativo in questo momento decifrare il significato dello sguardo che distorce il presente. Appena Tean cerca di sganciarsi dallo spazio di mezzo, la madre come una freccia lancia uno sputo che Tean riesce velocemente a schivare, ma non il padre. Lo sputo ora è sulla bocca del padre. Per difesa, lui lancia un pugno diretto al petto della madre. Un pugno che punge. La mano quando si raccoglie per creare un pugno diventa più potente, più presente, più imponente. Non importa se hai le mani piccole, come quelle del padre di Tean, quando le dita si chiudono al centro del palmo, la mano diventa una roccia. Il corpo della madre finisce sulla superficie del muro bianco. Tenta di respirare per rifiutare il dolore che il suo petto ora alloggia. Alla visione di lei, appoggiata al muro, Tean riesce a identificare lo sguardo di una tigre pronta ad assalire, ma fa in tempo ad arrestarla, occupando lo spazio di mezzo tra lei e il padre, per segnare un confine. Sente dietro le sue spalle il respiro forte della madre che piano diventa più reale. Tenta di guardare il padre negli occhi con una paura che non sa di umano. Il suo sguardo non è presente perché ha la testa bassa, come un cane bastonato trascina le sue gambe fuori dalla casa. Tean spera che lui non torni mai più. Ma non lo farà. Tornerà ubriaco, senza un soldo, forse con la testa ricoperta di sangue come quella volta quando lo pestarono, il suo viso era spappolato, sembrava l’Elephant Man. La madre si lamenterà gridando per tutta la casa: i soldi, i figli, il lavoro, la povertà. Intanto Tean vuole rilassarsi per non pensare a quello che è successo e quello che succederà. Ma non riesce a staccare la testa dal pugno. Prevede il silenzio, quando lui sarà lucido il giorno dopo. La pace dopo il rumore. Di nuovo, dopo nemmeno 48 ore, la scena si ripeterà in un ciclo che sembra non finire mai. Non può rilassarsi. La mente è lucida. Apre il frigo per non pensare. Acchiappa bruscamente il vino e comincia a scolarselo in un fiato. Il tempo di finirlo che sente la testa roteare come una sfera al centro della cucina. Riesce a malapena a stare in piedi. Si sdraia sul divano nero con righe rosse. Il tempo si dilata come le sue pupille. La voce emette suoni che lei non può comandare. Le parole volano senza senso nell’aria, vagheggiando fantastica sulle dimensioni, la possibilità di esplorare luoghi capaci di trasformare il presente in un passaggio segreto, o meglio, un tunnel che ti porta dall’altra parte. Non importa cosa possa essere di preciso l’altra parte, ma questa parte non può essere.

Sistema il cuscino dietro il collo per avere una vista migliore della tv, che accende da lì a poco. Clic. Entra nella mia dimensione. La scritta rossa con lo sfondo nero non disturba l’attenzione di Tean. Sulla tv appare una bocca enorme con dei denti enormi e una cascata di righe verde acqua. Un pennello rosso comincia a grattare il dente canino sinistro. Tean non capisce se è un programma televisivo sui denti oppure se è un gioco che il padre ha installato. Cerca di cambiare canale, ma il telecomando non funziona. Controlla se ci sono le batterie ma è tutto a posto. Le batterie sono nuove. Prende le manette della PlayStation e comincia a muovere i triangoli, ed effettivamente funziona. Riesce a far muovere i denti ma non il pennello. Sul canino sinistro ora è disegnato un volto che Tean ingrandisce. È il proprio volto. Tean non si stupisce molto, sa di che gioco si tratta. Oki l’altra volta aveva parlato di un nuovo gioco capace di identificare il giocatore in quel preciso istante. Non pensava che il padre lo avesse già installato.


Jonida Prifti, poeta/performer e traduttrice dall’albanese all’italiano e viceversa, nata a Berat (Albania) nel 1982, è emigrata in Italia (Roma) nel 2001. Tra le pubblicazioni: Non voglio partorire…(Alfabeta2);  Ajenk (Transeuropa); il saggio Patrizia Vicinelli. La poesia e l’azione (Onyx); Rivestrane (Selva) etc. Nel 2008, con Stefano Di Trapani ha fondato il duo di poetronica “Acchiappashpirt”. Insieme organizzano, dal 2010, il festival annuale romano di poesia sonora “Poesia Carnosa”.  www.jonidaprifti.com