Mio nonno mi dice che sembro rincoglionito.

Ho le cuffie incastonate nelle orecchie. Ascolto una canzone mistica e sensuale che …

È mattina presto. Sono nel letto da non so quanti giorni, quanti mesi, non capisco nemmeno che cosa mi copre: è un plaid? Una trapuntina primaverile? Un cottrone? Una pelle d’orso? Una pelle d’uomo? Uno stuolo di fibre di sintesi?

Scorro il marketplace di facebook mentre mi stropiccio gli occhi. Quest’oggi il marketplace di facebook mi propone, oltre a un paio di collant neri usati al prezzo non trattabile di 20€ – offerta subito colta al volo –, anche una motozzappa (scritto proprio così) bizantina Mab 5 Cv alla cifra di 225€.

Scendo dal materasso e inforco le mie ciabatte. Poi apro la finestra per capire un po’ di cose. Capisco che è calduccino e che tira vento. Tira sempre vento. Forse è maggio, forse è febbraio. Di certo è presto. Giù dabbasso sento uno scalpiccio: è il nonno che pesta qualche ramoscello, qualche piccolo stecco che qualche piccolo uccellino deve aver perso dal piccolo becco nel tentativo di costruirsi un piccolo nido affidabile per resistere al vento.

– Nonno – lo chiamo – che fai?

– Fo pulito – mi dice.

Infatti lo vedo che raccoglie i rami e le foglie con le mani, un lavoro di fino, e getta il tutto nella proprietà del vicino che dice di avere un giardino all’inglese ma invece è solo un coglione che allaga la strada.

– Ma che giorno è oggi? – gli chiedo, cercando di schiarirmi le idee.

– Ma che ne so io, – mi risponde – che me ne frega. E poi ancora: – Bada che tempaccio, ora va a finire che mi cascano le canne lì ai pomodori.

Capisco che non è più febbraio, che non è nemmeno marzo, e neppure aprile. Una ventata mi sgaruffa mentre realizzo. I pomodori sono già stati piantati, le canne di bambù che li aiuteranno ad ascendere al divino hanno già trafitto la terra. E io dov’ero? Cosa facevo?

Il nonno vede il mio smarrimento, le iridi che sbiadiscono, un grigio. Mi dice di andare con lui. Lo seguo e arriviamo all’orto.

– Guarda, – mi dice indicando le due file di pomodori – li abbiamo piantati la settimana scorsa. Te non c’eri, non sei venuto. Dov’eri?

– Non lo so nonno, – rispondo – non me lo ricordo. Forse ero a letto. Mi sa che dormivo.

– Guarda anche qui, – mi dice indicando i ciuffi verdi delle prime insalate – queste le abbiamo messe giù ancora prima. E te non c’eri, non sei venuto. Dov’eri?

– Mi sa che dormivo nonno, – gli dico.

Sento il cuore battere forte, nonostante gli uccellini piccoli e il loro canto acuto del mattino. In gola un pezzo di gola che si stacca e cade giù.

– Qui ci sono i cetrioli, – riprende – e qui le zucchine. Ma perché non c’eri quando abbiamo seminato? Perché quando tirava vento non c’eri? Prima venivi a vedere, quest’anno invece non ti sei fatto vivo.

– Non lo so nonno, – gli dico – mi sa che mi sono addormentato. E non so nemmeno quando, forse ieri, forse stamani, forse mesi fa. Non lo so nonno.

– Senti, – mi fa – ma che stai dicendo? Qui è tutto lo stesso, è sempre tutto uguale. E anche te mi sembri sempre uguale.

C’è un nugolo di moscerini che si avvicina a noi. Anche loro sono sempre uguali? Sono sempre gli stessi che escono dalla compostiera all’apertura?

– Nonno, – gli dico – mi sembra di essermi svegliato ora. Mi sento il cervello appesantito, le gambe mollicce.

– Guarda di svegliarti per bene allora, – mi dice il nonno – che mi sembri rincoglionito.

Poi si gira e se ne va. Sembra quasi che non tocchi terra, con un passo vellutato. Lo seguo strisciando. Entro in casa e guardo il calendario. È maggio inoltrato. La nonna legge “Nuovo” per sapere le ultime novità di gossip. In copertina ci sono i reali britannici.

– Ciao nonna, – le dico – che leggi?

– Leggo “Nuovo”, – mi risponde – ma non c’è niente di nuovo. È sempre tutto uguale. Sempre le solite bischerate. Ma te dov’eri? È un po’ che non ti si vede.

– Non lo so nonna, – dico – forse dormivo.


Niccolò Protti non dimostra l’età che ha. Gli piace scrivere e cucinare. Suo nonno fa l’orto.