Il compleanno del nonno.

Era già sera e il tramonto era solo un ricordo arancione. Rientrai a casa dopo una maratona di dieci ore immerso nel sangue di maiale, in spezie sconosciute – la dose – e boccettine di Solarium. Puzzavo di bestia e abbisognavo di una doccia. Ma prima c’era una cosa da fare. Era il compleanno del nonno.

Lo trovai a sedere sul divano, coi capelli tagliati da poco. Anche le sopracciglia erano state spuntate. Mi stavano aspettando tutti, tutti vestiti di bianco. Guardai le facce di tutti: erano tutti sorridenti e felici perché adesso potevamo iniziare. Sentivo tintinnii di monete e nell’aria l’aglio spellato. Mio fratello armeggiava con una confezione di sale grosso iodato a marca coop.

– Nonno, auguri – gli dissi andandogli incontro.

E lui: – Grazie.

Poi quando fui vicino gli detti un bacio per guancia. Il nonno non è per tante smancerie, ma due bacini quando riceve gli auguri li prende sempre volentieri.

Mio padre si fece avanti e mi disse di andarmi a preparare, che mancavo solo io.

– Sono pronto – gli dissi. Mi tolsi il giubbotto, la felpa e la maglietta a maniche corte fino a rimanere a petto nudo.

– Ti piglia un accidente ora – mi disse mio padre.

– Tranquillo, – gli risposi – non è così freddo.

Fummo pronti. Mia sorella tirò fuori dal suo cilindro di cartone durissimo il poster a grandezza naturale del Divino Maestro. Lo attaccammo come al solito al termosifone che si sviluppava in altezza. Il bonario Volto di Luce del Divino Maestro era pronto a svolgere la sua mansione. Ci inginocchiammo tutti – nonno compreso – verso il termosifone divinamente agghindato. Mio fratello fece scorrere la confezione di sale grosso iodato a marchio coop da cui ognuno di noi estrasse numero tre granuli. Mia nonna, invece, iniziò a spacciare spicchi d’aglio spellati in modo tale che ognuno avesse il proprio. Come ultima cosa il nonno distribuì le monetine sonanti, ramati spicci da cinque centesimi.

La funzione stava per iniziare. Seguimmo tutti le movenze del nonno: la becca d’aglio spellato fu inserita nell’orecchio destro, la monetina da cinque centesimi nel padiglione auricolare sinistro; una volta raggiunto l’equilibrio, ognuno depositò sulla propria testa numero tre granuli di sale grosso iodato a marchio coop. Fu il momento di pronunziare la formula del Possente Rituale: le parole di quell’antica lingua pre-babelica erano ormai parte integrante del nostro vocabolario e furono scandite con certezza e fiducia incondizionata. Ripetemmo la formula per sette volte consecutive e a ogni ripetizione la tensione emotiva raggiungeva picchi notevolissimi. Arrivammo all’ultimo giro del cerimoniale che eravamo tutti sudati ed eccitati, col calore del Maestro che ci irradiava le membra e lo spirito.

Poi la funzione raggiunse la sua fine naturale, senza alcun tipo di esortazione ulteriore. Anche per quest’anno avevamo dato.

Ci alzammo ognuno sulle proprie gambe – chi prima, chi dopo – e ci congratulammo nuovamente col nonno. Dopodiché mio padre si allontanò di soppiatto e poco dopo tornò imbracciando il regalo per il nonno. Dentro l’imballaggio costituito da numerose pagine di giornale con gli scritti di Corrado Augias, c’era una confezione da quindici chilogrammi di stallatico purissimo. In realtà quella era una burla. Difatti, dopo aver riso per lo stallatico che aveva reso il sentore d’aglio solo l’ennesimo ricordo arancione, consegnammo al nonno una cornice pregiata con all’interno una sua foto in compagnia della moglie, del figlio e di tutti i nipoti.

Arrivati al termine di tutto, notai che i miei capezzoli sporgevano dal freddo.

Il giorno dopo avevo qualche linea di febbre.

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Niccolò Protti non dimostra l’età che ha. Gli piace scrivere e cucinare. Suo nonno fa l’orto.