La terra è dura.

È il primo giorno di primavera e le rondini sono decimate dall’azione di un uomo fantastico che ha tutto il diritto di buttare giù i loro nidi ma-questa-è-un’altra-storia.

Il nonno è un uomo altro: maglia della salute misto lana (all season perché “quello che para il caldo para anche il freddo”), camicia a quadretti abbastanza larghi, maglioncino paricollo color vinaccia, pantalone credo marrone di velluto e scarpe buone, anch’esse marroni. Il suo appezzamento ha dimensioni modeste ma lui è umile e compassato, di natura mite, e l’orto è sufficiente, se lo fa bastare. Scavalca agilmente il cancellino – un pezzo di lamiera bianco ricavato da una lavatrice – ed entra nel suo impero (che sarà) vegetale. Vanga sulle spalle, posa da ritratto settecentesco. Un macho.

«La terra è dura», mi dice quando mi avvicino per scrutare meglio il suo operato preciso e meticoloso. «Ci credo», rispondo io. Suda copiosamente nelle sue vesti che non sarebbero da campo ma lui se ne frega. Sono colpito dall’ordine e dalla dovizia della vanga che si conficca nel terreno: entra con un pestone dato dalla gamba destra, secca ma potente; poi è una contrazione del dorsale destro, un’isometria del deltoide sempre destro e degli altri muscoli dell’arto destro. La mano destra funge da leva e la complessità del braccio sinistro spinge verso il basso per far sì che la punta della pala venga sollevata quel tanto che basta per alzare la terra. Il contenuto dell’incavo viene dunque ri-posato al suo posto, ma rigirato, invertito e duro come la terra di questo cazzo di campo che s’ha da fare.

Il nonno si china piano, flette le ginocchia e giunge in una posa da accosciata completa che i borghesi chiamano squat. Le dita della sua mano destra passano lievi sulla superficie che gli si para davanti e accarezzano l’umidità. Poi ne prende una manciata, di terra, e mi guarda che lo guardo da dietro la recinzione. I suoi capelli sono fini e bianchi e le sue mani sono sempre abbronzate. «Vieni a darmi una mano, invece di stare a guardarmi», mi dice.


Niccolò Protti non dimostra l’età che ha. Gli piace scrivere e cucinare. Suo nonno fa l’orto.