I lettori e le lettrici di Droga sono la crema della crema.

Ho visto due cinesi, un uomo dalla faccia circolare e una donna minuta, che correvano in abiti borghesi. Ho visto anche un uomo in mezzo alla strada che si tagliava le unghie mentre andava a prendere il pane. Ho poi incrociato tre teppistelli sulle loro biciclette d’epoca, mascherati e con degli atteggiamenti da bullo. Ho visto anche un pallone in un fosso, marcio d’umidità. Poi sono tornato a casa.

Ho visto da lontano il nonno nei pressi della compostiera. L’orto è ormai vuoto e cosparso di foglie secche cadute dagli alberi.

Mi sono avvicinato al nonno.

Gli ho detto: – Ciao nonno, lo sai che ho visto per strada?

E lui: – Che hai visto?

E io: – Un monte di gente, nonno. Due cinesi che correvano in abiti borghesi, uno che si tagliava le unghie mentre andava al forno, tre tipi in bici, mascherati, che facevano i teppisti. Ho visto anche un pallone marcio d’umidità in un fosso.

E lui: – È segno che non avevano nulla da fare, te lo dico io. Potevano venire qui a darmi una mano invece di stare a bighellonare.

E io: – E te che fai nonno qui alla compostiera?

E lui: – Come che fo, guarda!

Il nonno scoperchia, vanga in mano come nella bella stagione, quando fa calduccino e fuori si respira la lussuria. Veniamo invasi da moscerini infinitesimali, progenie dei rifiuti organici: ci assalgono per mangiarci le orecchie come il boxeur da poco tornato alla ribalta. Ma noi siamo forti. Il nonno imbraccia con superbia la vanga smuovendo l’aria e facendosi largo nella nube sempliciotta di esserini svolazzanti. Poi la ficca dentro la compostiera e inizia a rimestare il marciume come le vecchie del nord con la polenta: è un rigirio lento e compassato ma allo stesso tempo sproporzionatamente vigoroso. Gli occhiali del nonno riflettono la brama di futuro, che è marrone buio e verdino. L’odore che aleggia è quello della decomposizione e ricomposizione corporea, come di glutei flaccidi da sedentaria quotidianità.

– Questa è roba buona nonno, – dico io.

– Certo che è roba buona, l’ho fatta io, – dice lui. E poi continua: – Quante volte mi hai visto spezzettare le bucce della frutta?

Lo guardo senza dire nulla.

– Rispondimi, – mi dice il nonno, col volto inconfondibilmente severo.

– Tante, nonno. Anzi, sempre. L’ho anche raccontato nella seconda puntata di “Mio nonno fa l’orto”, la rubrica di Droga Magazine che scrivo su di te che fai l’orto, – dico io.

– Ecco, – mi dice, – e qualcuno t’ha mai detto niente? Nel senso, qualcuno t’ha mai detto che è un comportamento da scemi?

– No nonno, – dico io.

– Ecco, ma l’hai spiegato perché faccio così? – mi chiede.

E io: – No, non l’ho spiegato nonno. Però devi sapere una cosa: i lettori e le lettrici di Droga Magazine sono la crema della crema, il meglio che c’è sulla piazza. Forse non li conoscerai mai, però ti chiedo di fidarti di me. Non servono tante spiegazioni, non importa indottrinarli. Le cose le sanno, e basta.

Il nonno mi guarda, distendendo il sorriso gioviale che ben si addice alla sua saggezza.

Poi mi dice: – Ho capito. A voi giovani non c’è mica nulla da dirvi, lo sapete voi come funziona. Mica come quei bacucchi come me, o anche poco più giovani, che pensano di sapere tutto e vanno in giro a sparare sentenze come fossero il padre eterno. Mi garberebbe averli tutti qui, guarda, qui davanti a me: gli metterei una vanga in mano per uno e gli farei rigirare la compostiera come faccio io. Di solito parlo poco, lo sai, ma questa cosa te la volevo dire.

Questa volta sono io a guardare il nonno in modo severo, esterrefatto.

– Mi hai spiazzato nonno, – gli dico, – questa volta m’hai spiazzato davvero.

– Lo sai, – mi dice.

Poi richiude la compostiera e calmo calmo ripone la vanga. Dopo torna dentro casa e non si sente più fino all’ora di cena.


Niccolò Protti non dimostra l’età che ha. Gli piace scrivere e cucinare. Suo nonno fa l’orto.