Iperdenti. Episodio 9. Lo spazio incurvato.

Romanzo suddiviso in tre parti: AltroveHuper Vision e Iperdenti.

Genere: Fantascienza di Borgata

Il romanzo, ambientato a Roma Est, all’interno di un centro di scommesse sportive in prossimità di borgate periferiche, e scritto in prevalente accento romanesco, nel titolo allude a un gioco virtuale, nel quale vengono risucchiati i personaggi. Tean, Aida, Juri e Tim non sanno tuttavia di essere intrappolati all’interno di quel gioco, in cui accadono eventi incomprensibili. Nel gioco si sviluppa infatti la misura stessa della tridimensionalità, che gli è connaturata, per abbracciare altre dimensioni: mondi filiformi, in grado di generare altre realtà, tutte distorte. Così, nei pensieri e nelle azioni i personaggi saltano da uno stato all’altro, senza rispetto delle regole temporali. L’incomprensibilità delle azioni è frutto della logica del gioco, che invade la loro coscienza; e proietta il presente, che i personaggi vivono o credono di vivere, verso una deriva onirica e ferocemente surreale. Si tratta di un romanzo ciclico che nella sua struttura riproduce le gabbie virtuali che sono parte della condizione odierna.

Immagini da: (H)earth di Sante Simone, collage digitale, 2020 

H4 – Lo spazio incurvato

Poi il risveglio dentro quel buco senza un filo di luce, la lampada di rame pendente, un corridoio rosso sporco, la tenda arancione, la porta di metallo grigio. Un albero spoglio con i rami secchi disegnava una luce per far giorno la notte. Perché il suo sguardo si era dipanato? La pelle sembrava piastrata da cicatrici viola. La mano del sogno, sudata sul fianco, risucchiava il respiro in gole profonde e deserti siderali. Le labbra sulle labbra, la lingua sulla lingua. Il baratro sembra più dolce. Guarda indietro e si vede affacciare a specchi tridimensionali. Non è il peso che lo sforza, ma lo stare dentro uno spazio incurvato. Una voce sospirata le dice che deve svegliarsi. (Quella bambina ha pianto sotto l’ombra di uno sdraio, un pianto silenzioso, quasi assente. Juri la sente, è di spalle e non si gira per guardare, ma avvicina le sue labbra sull’orecchio per sussurrare: c’è un filo invisibile che ci lega, una fibra virtuale che si ciba di noi. La realtà?)

– Svegliati, Tean! Ma porca miseria! Ti sei addormentata sulla tastiera!

– Scusa, Oki. Ho dormito poco.

– Vai a sciacquarti la faccia, te prego!

Veraci, i movimenti si traducono nelle ore aride e senza luce di questa sala. Monitor, computer, colleghi annoiati inseguono una risposta a fine nottata. Io mi sento così incastrata da queste mura grigie. La voce di Oki mi sveglia quando voglio dormire. Ecco che ti vedo dallo schermo, esci come un corpo dentro l’acqua che si disfà, si liquefà nelle luci artificiali. Perché sei distante? Allunghi quel collo come per uscire dallo schermo e guardarmi meglio, ma sbatti contro la superficie. Sono al di fuori di te, al di fuori di questa rete. Se i bagni fossero spazi alternativi, riuscirei a chiudermi dentro per sempre e sognare seduta al cesso, oppure buttarmi dalla finestra come un razzo per raggiungerti, ma mi sento stanca di pensare. Fuori c’è il sole, le piante si nutrono dei raggi, una signora stende le lenzuola di latte, una bimba ride a squarciagola, il cane abbaia come volesse dire “esisto”. Quanti pacchi da sistemare, disegni da imballare, libri da incastrare, vestiti da buttare, ricordi da ricordare. Sono stanca. Le fotografie restano dove sono. Nella memoria restano pezzi di occhi, braccia, mare, sabbia, sole, luna, buio, lui tra due alberi. Eravamo in cerca di una conchiglia smarrita, tra i granuli di sabbia, ma ci vuole una lente di ingrandimento per catturare il sentimento. Sentivo il tuo odore che ora non è, Juri. Ci siamo persi, mentre tutti correvano nel vento, noi ci siamo perduti tra le mura di un recinto abbandonato. Di quel muro non rimane che una fotocopia sbiadita. Ora, però, ho voglia di un gelato al caramello.

– Oki, posso uscire a fumare una sigaretta?

– Ah, pure!

– Ti prego, mi devo svegliare!

  • Va bene, ma fammi un favore, vai in gelateria a prendermi un gelato al caramello.
  • (ammazza che strega)

Tean attraversa con il rosso, a passo veloce, quasi correndo, rischiando di sbattere contro il trenino che lento passa davanti, cospargendo nell’aria quel suono tipico, vecchio, stridulo, di un mezzo strabico, a un solo vagone, dove la gente è più fuori che dentro. Sembrava un flash veloce che passava tra le pupille.

– Tean. Dove vai?

– Oh Tim, che ci fai qui? Vado a comprare un gelato per Oki. Ma tu oggi non dovevi riposare?

– Sì, ma dovevo vederti.

– Sembri sconvolto. Che è successo?

– Ho fatto un incubo. Un sogno allucinante.

– A chi lo dici!

– Sì ma nel mio sogno c’erano denti, capisci? Come quelli che hai visto tu nel cielo! Questi denti mi indicavano una via, ma io vedevo tracce non mie. La mia faccia era dentro una bocca. In una sfera di cristallo vedevo denti smaglianti. In un ramo di un pino s’insinuava la maestra Oki. In un sentiero nel cielo c’eri anche te, incinta di un picchetto liquido collegato con un tubo nel congelatore. Un liquido nero in movimento nel ventre. E poi c’erano due mucche parlanti che si chiamavano Fatushe e Mira.

– Tim! Andiamo al bar, ché hai bisgono di una camomilla!

Juri pigia pause. Il rumore dell’ascensore che va su e giù lo distrae. Dalla finestra, da quella altezza, le macchine sembrano denti come quei denti d’oro della “huper vision”. Si sente il suono di una sirena lontana. Quel suono si confonde con quello dell’ascensore, con un finale di finestre che sbattono dal vento. D’improvviso il PC si riaccende da solo senza esporre nessuna immagine, ma solo una voce disturbata che sembrava provenire fuori dal mondo:

I numeri che tu sogni non stanno lì, ma qui!


Jonida Prifti, poeta/performer e traduttrice dall’albanese all’italiano e viceversa, nata a Berat (Albania) nel 1982, è emigrata in Italia (Roma) nel 2001. Tra le pubblicazioni: Non voglio partorire…(Alfabeta2);  Ajenk (Transeuropa); il saggio Patrizia Vicinelli. La poesia e l’azione (Onyx); Rivestrane (Selva) etc. Nel 2008, con Stefano Di Trapani ha fondato il duo di poetronica “Acchiappashpirt”. Insieme organizzano, dal 2010, il festival annuale romano di poesia sonora “Poesia Carnosa”.  www.jonidaprifti.com