Perché è giusto profanare le tombe.


Il rituale della sepoltura dei corpi è millenario. Un rito che varia da paese a paese, benché delle spoglie non resti altro che polvere e ossa prive di facoltà vitali. Nel corso degli anni si è andata costruendo un’estetica romantica che permette a chi è ancora in vita di stabilire un rapporto quasi fisico con la persona deceduta. Teatro di questa funzione mistica è il cimitero, zona x nella quale tutto si dissolve presso una verticalità mortifera e purificatrice, che non ha nulla a che vedere con il sacro. Il sacro è una cosa che appartiene solo ai vivi e non ai morti. Ai morti non appartiene più nulla. I morti non esistono in quanto morti, nonostante talvolta il loro ricordo persista nella memoria. Una cosa morta è una cosa che non ha più nulla a che fare con il divenire. La cosa morta è quanto di più opposto possa esserci con il materialismo.

È usanza dei senzatetto andare a rifugiarsi nelle tombe dei cimiteri, posti tranquilli, riparati, lontani dallo smog e dai sindaci liberal. I senzatetto conducono infatti una vita che ribalta le leggi borghesi. Proprio grazie a codeste leggi il cimitero acquisisce la sua legittimità: senza la smisurata dose di irrazionalità che consente alla società di regolare qualunque cosa attraverso gli algoritmi dei mercati, ma che al tempo stesso impone la celebrazione della dipartita delle persone con plateale pietismo, il cimitero non avrebbe certamente modo di esistere. Eppure, in quanto vivi, siamo purtroppo destinati a vegetare proprio in questa società mortifera, che pensa ai morti. Ragionare da materialisti – ovvero da persone razionali – significherebbe dare spazio ai vivi e nessuno ai morti. Non tanti spazi diversi e inabitati, bensì un unico spazio simile per ognuno, mentre ai morti, tutt’al più, spazi mentali, virtuali: cloud. E allora per contrastare il mortifero e prendersi gioco dei bigotti, del senso dell’onore e della dignità e di queste altre cazzate qui, bisogna foraggiare la profanazione delle tombe. L’espropriazione dei beni di chi ne ha molti in favore di chi non ne ha: una cosa nobile.

Alcune indicazioni. La lapide oltre ad essere imbrattata con scritte senza senso o provocatorie, può anche essere, più risolutamente, rubata ed riutilizzata per vari impieghi, in quanto corpo marmoreo. Mentre il loculo è senza dubbio l’oggetto più versatile: esso è un piccolo spazio ove poter riposare in tranquillità, ma se integrato con qualcosa di morbido può ospitare incantevoli riti sessuali, che inneggiano ai sensi più primitivi e autentici della vita. Perché è giusto ricordarlo, il cimitero può e deve essere un luogo vitale. Nella vita tutto deve essere adibito alla vita. Tutto deve ricordare e celebrare la vita.
Senza girarci troppo intorno ed evitando di continuare a parlare come se questa operazione non sfiorasse alcuna sfumatura della malizia, una delle motivazioni più nobili dell’esercizio del vilipendio dei luoghi sacri è rintracciabile proprio nel farsi beffa dell’atteggiamento borghese dominante. Nell’azzerare psicologicamente i sostenitori dei capisaldi della civiltà traiamo linfa vitale, endorfina che scorre torrenzialmente nel nostro corpo vivo, facendo pulsare le nostre arterie di sangue con la stessa candida intensità di un ruscelletto di montagna.
La gente purtroppo è quasi tutta morta e difficilmente pensa alla vita. Ogni cosa che fa è contrassegnata da questo marchio. È bene saperlo.

Il camposanto offre alla vista notevoli ghirigori architettonici. Archi, travi, materiali preziosi, statue. Chiunque abbellisce la nuova casa dei propri cari, ma soprattutto l’alta borghesia è solita fare sfoggio dei suoi poteri e del suo ingegno quando si tratta di celebrare l’apparato militare. Gli uomini valorosi che hanno servito la Patria.
A tal proposito, vale la pena riportare un fatto accadutomi proprio qualche settimana fa in uno di questi luoghi a me familiari. Avevo fatto baldoria assieme alla mia fraterna compagnia di iconoclasti. Voglio sottolineare che questa cricca è composta ovviamente da umani e non umani di ogni specie in completa sintonia e armonia tra loro; una sinergia e forza desiderante a propulsione erotica che permea di pneuma pan-energetico qualsivoglia elemento si trovi nei paraggi. Ebbene, trascorsa la già citata nottata di sesso e divertimento all’interno della cappelletta ospitante le ceneri di un magnate del petrolio, ci accingevamo al riposo che ci spettava, poco dopo l’apertura dei cancelli della nostra cittadella. Avevo già infatti radunato l’oceanica quantità di corvi e altri volatili col suono della mia infallibile cornamusa, dall’alto di un obelisco che riportava una lunga lista di nomi, sotto a una scritta che recitava frasi che parlavano di coraggio. Questi simpatici amici erano pronti a infastidire i visitatori mentre noi dormivamo. Eppure, non contento della serata, stavo trastullandomi sessualmente in completa autosufficienza, quando un anziano in tuta mi dice che quello è un luogo sacro e allora io rispondo: «ah, ok».


Riccardo Papacci è co-fondatore e CEO di Droga. Ha scritto un libro (Elettronica Hi-Tech. Introduzione alla musica del futuro) e ne ha in cantiere un altro. Collabora con diverse riviste, tra cui Not, Il Tascabile, Esquire Italia, Noisey, L’Indiscreto, Dude Mag.