Senex.

“Non è più Italia questa, è Cina!”
Mario Vanni

Le piante, se stressate e spinte verso la morte fioriscono. Questo perché una volta percepita la propria fine come imminente cercano di riprodursi per assicurarsi di dare continuità al proprio patrimonio genetico.

Il fiore è l’organo riproduttivo delle piante, il polline il loro sperma.

Quando appoggiamo i nostri nasi sui fiori respirandone il profumo stiamo mettendo in atto una pratica sessuale interspecista.

I vecchi, ma più in generale chiunque si avvicini alla morte, anche quando incapaci di ricordare cosa hanno mangiato per pranzo raccontano spesso con gran lucidità aneddoti della propria infanzia, un po’ perché il cervello è ormai incapace di immagazzinare nuove informazioni ma conserva perfettamente quelle vecchie, un po’ perchè si torna con la mente ai momenti spensierati e felici della propria vita.

Io in questa fine del mondo credo di essere diventato un vecchio fiore: mi divido tra un concreto rischio di morire, una voglia di scopare immensa e ricordi d’infanzia che saltano fuori senza preavviso.

Quando ero bambino, come tutti i miei coetanei, guardavo i cartoni animati su bim bum bam.

Però a differenza loro quando mi arrabbiavo mordevo i polsini di maglie, felpe e camice, avevo sempre i polsini tutti strappati, mia madre la cita ancora come stranezza della mia infanzia, qualcosa tra lo psichiatrico e il divertente che per me è sempre fonte di imbarazzo.

C’era la possibilità di scrivere a Uan.

Uan era il pupazzo animato di un cane rosa con il monocilio fucsia, l’indirizzo era Lago dei Cigni, poteva sembrare un luogo di fantasia, ma il Lago dei Cigni esiste ed è a Milano Due, una sorta di pozza in mezzo ai condomini che hanno fatto la fortuna di Silvio.

Un po’ come il primo pesce divenuto anfibio e uscito dal mare un qualche essere darwiniano deve essere emerso da quel lago dando origine agli italiani di oggi.

Probabilmente fu lo stesso Uan stanco di vivere in quell’acqua putrida tra cacate di cigni, germani e tartarughe acquatiche, l’anello mancante tra le belle persone che fummo e lo schifo che diventammo.

A sette anni mentre fuggivo inseguito da un amico seriamente intenzionato a darmele sono caduto dalla bici spezzandomi diagonalmente a metà un incisivo dell’arcata superiore, avevo sentito dire che i denti costavano un sacco ed ero più preoccupato del danno economico che di quello estetico.

Ancora oggi ho quel dente rotto in bella vista.

Quando cadevi giocando in strada ti si infilava sempre del breccino in quelle parti del corpo che per prime toccavano terra: i palmi delle mani e le ginocchia, un grande classico.

Piccoli granelli di breccia si infilavano tra derma ed epidermide, generalmente se ne andavano strofinando leggermente, se non eseguita bene, la procedura di rimozione, non era raro che uno di quei granelli rimanesse lì come un esperimento scientifico per creare un ibrido uomo minerale.

Nel giro di un paio di giorni avveniva una magia: il corpo attento e sveglio nel riconoscere un sasso da se stesso inviava i suoi migliori soldati a combatterlo, nel frattempo il sasso se ne fregava e restava lì, piano piano tutto attorno cresceva una bolla bella piena di pus e con la fuoriuscita del liquido purolento se ne andava anche il sassolino, una cosa ingegnosa, divertente se osservata da bambini, ripugnante e preoccupante vista da adulti.

Ho ancora una cicatrice sul ginocchio destro procuratami in quel modo, ma che soddisfazione vedere la pelle assottigliarsi sotto la spinta interna esercitata dai globuli bianchi su di un sasso!

Nel gennaio 1986 andai con mio fratello e mio cugino a vedere Rocky IV al cinema. Una ragazzina seduta dietro noi pianse tantissimo quando morì Apollo Creed.

Di quella giornata in sala ricordo alcune cose: il pianto straziante di quella ragazza, il funerale di Apollo, l’infinità di bandiere a stelle e strisce, il balletto pro america sguaiato messo in scena da Creed.

Lo vediamo fare la sua entrata sulle note di “Living in America” di James Brown, Ivan Drago è lì spaesato tra luci, colori, simboli del consumismo, energia elettrica sprecata, corpi semi nudi che rappresentano la carne americana, cantante e ballerini neri, come scimmie ammaestrate, utili solo all’intrattenimento di quel pubblico bianchissimo e  sorridente che sventola bandierine USA, unica nera tra il pubblico la moglie di Apollo a cui è dato di essere lì perché ha pagato con il sacrificio del marito, musica a cannone.

Drago potrebbe sembrare stupito da tanta modernità, quasi provenisse da un paese più arretrato, ma in realtà è stupito dalla cafonaggine, dallo spreco, dall’aretratezza culturale e dal fascismo di quel popolo.

Drago sorride perchè Apollo non sa che il suo living in america finirà tra pochi minuti su quello stesso ring.

Con l’11 settembre il cazzo degli americani si è sgonfiato tantissimo, con questa pandemia è arrivato il colpo di grazia al loro reich già traballante.

Non entro nel merito di una cosa che stiamo vivendo tutti ma dirò un unico pensiero: non siamo più nel 1800, desideri e bisogni sono cambiati, so che a molti piacerebbe vedere la povera gente sfondare vetrine per prendere il pane, ma un paio di scarpe sono comunque una necessità, anche se non si è a piedi nudi, avete creato i nostri bisogni, non vi lamentate se cerchiamo modi per soddisfarli.

Ho smesso di fumare 4 anni fa.

Fumavo una quarantina di sigarette al giorno.

Ora non fumo ma è il mondo che brucia.

Ricordo quando da ragazzino mi dissero che i fili delle bucce di banana sballavano se fumati.

Separai uno a uno i filamenti presenti sul lato interno della buccia di quel frutto e li stesi a seccare su di un muretto dietro casa.

Anni dopo una sera ero alla finestra fumando una delle tantissime sigarette che fumai e vidi mio cugino più piccolo stupendamente sicuro di se che stava stendendo dei fili di banana ad asciugare.

Sorrisi ma non ebbi il coraggio di dirgli che stava sprecando il suo tempo, del resto ci sono esperienze fallimentari che vanno fatte.

Uno dei miei coinquilini ha sei anni e si chiama Lupo.

Ieri sera a cena Lupo ci ha detto una cosa straziante: io non voglio che questo virus continua per sempre anche quando sarò grande.

Il padre con una prontezza di riflessi unica gli ha raccontato di quando noi eravamo piccoli e ci fu la tragedia di Chernobill, la paura che ne conseguì e il fatto che oggi per noi è solo un aneddoto da raccontare.

Lupo si è rasseranato e dopo cena abbiamo fatto degli aeroplanini di carta seguendo dei tutorial su youtube, abbiamo giocato come i pazzi in salone, abbiamo solo stretto il patto che non avrebbe rotto nessuna delle mie piante.

Solo qualche sera fa ci aveva detto: io non vedo l’ora di prendere il corona virus così ve lo attacco, muoriamo tutti e non ci pensiamo più…

Lo stesso bambino che la sera prima diceva cose alla Cioran adesso sorride e alla domanda “Lupo, da 0 a 10, quanto ci stai bene con noi?” ha risposto “Ciro, se devo essere sincero 14”.

QUATTORDICI, cerchiamo di stare tutti 14 da 1 a 10, ve lo consiglio, per noi sta funzionando.


Ciro Fanelli è pittore, illustratore, tatuatore e scrittore. I suoi lavori sono apparsi su “La Lettura – Corriere della Sera”, “Vice”, “Esquire” e altre prestigiose riviste europee e giapponesi. Ha pubblicato Pinocchio e Les corbeaux pleurent la merde per Le Dernier Cri (Marsiglia,FR), per Rizzoli Lizard ha pubblicato Nel bosco del nostro splendore.