Cosa cazzo andate cercando da Bifo?

Molti miei amici sono diffidenti nei confronti di Bifo, non ho mai capito perché. Ogni sua iniziativa motiva fastidi e critiche. Recentemente, ad esempio, consigliava alle persone al di sotto dei quarant’anni di non dare molto peso alle regole della detenzione sanitaria obbligatoria (DSO) e di ribellarsi alla privazione della loro libertà in seguito alle restrizioni pandemiche. Dal momento che il virus uccide solo persone che si trovano più in là con l’età, per quale motivo i giovani non si indignano? Per quale motivo devono rinunciare alla scuola, agli incontri con i loro coetanei, alle uscite serali, al divertimento?

Mi sembrava un’idea assolutamente sensata, del resto esplicitata da uno che non è assolutamente motivato a scrivere certe cose, dal momento che ha superato i 40 anni da un pezzo. Ma questa idea non è andata bene per la maggior parte delle persone. Non mi sto riferendo al pezzo in risposta all’articolo ovviamente – che per quanto non mi trovi d’accordo, quantomeno risponde in maniera articolata alla “provocazione di Bifo”. Mi riferisco a tutti coloro che criticano Bifo, a prescindere dalle sue posizioni. Quelli cioè che lo hanno criticato quando ha scritto un libro per bambini sull’apocalisse perché è una cosa troppo pop; quelli che lo hanno criticato per aver dialogato con il neo cardinale Matteo Maria Zuppi perché “ah, adesso pure con i preti” – ma questa critica era arrivata anche in passato, per aver citato Papa Francesco in un paio di libri -; quelli che lo hanno criticato per aver speso buone parole nei confronti di Greta Thunberg; ecc…

Ok, queste iniziative potrebbero non piacere a tutti, come pure alcuni passi dei suoi libri o alcune sue esternazioni. Ma, precisamente, il problema quale è?

Cosa rimproverare all’UNICA persona che parla costantemente dell’estinzione, del cancro del neoliberismo e dell’essere contro il lavoro?

Il suo ultimo libro, Fenomenologia della fine, uscito per Not proprio in questi giorni, ribadisce ancora una volta la sua tesi, e presenta una serie di considerazioni sull’impatto micidiale che la pandemia sta avendo sulla gran parte delle società presenti nel mondo. Secondo Bifo il virus è linguistico e psichico, prima che biologico. Contrariamente a chi crede che basterebbe qualche buona riforma progressista per fare in modo che “andrà tutto bene”, il problema sembra essere più profondo: «Il neoliberismo che costoro hanno inoculato nelle nostre cellule ha distrutto in una sfera profonda, ha attaccato la radice stessa della società, il genoma linguistico e psichico della vita collettiva». Se è vero che, come diceva Deleuze commentando Spinoza, “chi detiene il potere ha sempre bisogno che le persone siano affette da tristezza” e paura, allora è innegabile dire che questo virus sia prima di tutto psichico e poi biologico. E infatti come in ogni libro di Bifo non mancano momenti di amarissima ironia e sarcasmo, d’altronde “la rivoluzione è finita, abbiamo vinto”.

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Ma proprio da atteggiamenti come questi nascono i motivi di critica più frequenti nella sua produzione. Alcuni tra i suoi più agguerriti nemici sono infatti proprio coloro che lo criticano per essere un accelerazionista. Bifo risponde così nel suo ultimo libro: «Nessuno ha mai capito cosa sia l’accelerazionismo, meno di tutti gli accelerazionisti (tra i quali qualcuno mi annovera, e io non posso smentire dal momento che non so che cosa sia)». È senza dubbio vero che l’accelerazionismo sia una corrente politico-culturale ambigua e piena di zone d’ombra facilmente fraintendibili. Vorrei però smentire una cosa, che sembrerebbe piuttosto scontata, ma che purtroppo pensano in molti: il fatto che persone come Bifo stiano godendo nel vedere consumarsi sotto i loro occhi l’apocalisse. Può sembrare strano, ma il piacere che si può provare nel vivere questo tipo di situazione può essere tutt’al più riconducibile a una certa soddisfazione nella capacità di leggere il presente e di “profetizzare” in qualche modo il futuro: questa però è davvero una magra consolazione. Nessuno, Bifo per primo, si è mai impegnato nel dire cazzate come “che bello, la fine sta arrivando”. Capisco che ai più ottimisti possa sembrare come un antico profeta premillenarista, ma il sentimento generale è prima di tutto preoccupante e disilluso, solo successivamente subentra l’eccitazione. Ma l’eccitazione non è motivata dal godimento di questa imminente fine, bensì dalla possibilità di ricominciare che questa fine potrebbe offrire alla società. Banalmente, quindi, alla fine di ogni suo discorso non c’è il male, bensì il BENE! Il caro vecchio platonico Bene!

Il punto è questo: bisogna avere la capacità di accettare l’impotenza. Per la prima volta nella storia dell’umanità l’estinzione si presenta come una possibilità decisamente realistica. Il pianeta ci sta lanciando i suoi messaggi di aiuto. Le risorse sono limitate e stanno finendo – non serve allegare gli articoli scientifici per capirlo. La crescita non è infinita. E questo vale soprattutto per l’economia: stiamo arrivando al collasso, e «Non dimentichiamo che la società planetaria non è entrata in una condizione difficile in seguito all’esplosione dell’epidemia da coronavirus. No. Era già prima ai limiti del collasso». Il coronavirus probabilmente darà solo il colpo di grazia a un sistema economico-sociale che era un cadavere già da anni. «Gli economisti spiegano che solo l’aumento della competitività, e quindi della produttività, insieme alla riduzione delle tasse per i ricchi, permettono di mandare avanti la macchina sociale. Ma gli economisti non ci capiscono più niente» perché ormai siamo giunti all’esaurimento. Continuare a calcolare l’0,qualcosa di crescita economica significa essere ciechi di fronte al vero problema. La morte, l’esaurimento, l’estinzione, sono tutte cose con cui dobbiamo venire a patti. Dobbiamo interpretare questi fattori e cercare, semmai, di trasformare questa condizione. D’altronde su questo punto sembra essere piuttosto chiaro: «l’estinzione è all’ordine del giorno» e «non c’è altra via per uscire da questa prospettiva che non sia l’uguaglianza economica radicale, la libertà culturale, la lentezza dei movimenti e la velocità dei pensieri. O il comunismo o l’estinzione».

In ogni caso, non volevo fare un’ermeneutica del pensiero di Bifo. Però mi chiedo, cosa cazzo andate cercando da Bifo?


Riccardo Papacci è co-fondatore e CEO di Droga. Ha scritto un libro (Elettronica Hi-Tech. Introduzione alla musica del futuro) e ne ha in cantiere un altro. Collabora con diverse riviste, tra cui Not, Il Tascabile, Esquire Italia, Noisey, L’Indiscreto, Dude Mag.