BATRACOMIOMACHIA.

LA GUERRA DEI RATTI E DEI GABBIANI

di

Gennaro Ascione

Illustrata da Simone Tso

In oltraggio ai Paralipomeni della Batracomiomachia

di Giacomo Leopardi

CANTO II

(Qui il CANTO I)

1

«Volante Δ9 – Zona Lido.
Comunico a Centrale questa scena:
Piccioni – Assembramento – Non mi fido».
«Ricevuto, Δ9. Non appena
Atterrato, trasmettere segnale.
Fermo e riconoscimento facciale».

2

Il Volante si fiondò nderr’’a rena,
Occhi laser su la frotta di colombe
Avvampatesi in viso, ’l core in pena,
Ché mai uccel obbliar potrà le tombe
Ch’i gabbian fossavan senza sosta
Per chiunque azzardasse una risposta.

3

«In numero vietato. Confessate:
Flagrante violazion al coprifuoco
Su le spiagge agl’AnarChic* riservate.»
Colombrina levossi: «Né giuoco
Né vezzo né sollazzo: pilucchiamo
cibo p’’e creature che sfamiamo.»

4

Muto segnal; furor di nembo fosco
Viscoso di metallici garriti.
Stretto perimetro cingea losco
Squadriglio di gabbiani inviperiti.
L’ampie ali sbattean com’arpie:
D’ogni fuga bloccarono le vie.

5

Se ’l Poter imbestialisce ’l ribaldo
E ’l Pavido fa ceffo di masnada
E al Pio de la perfidia dà l’araldo
E l’improbo traveste in Torquemada,
Atena in Marte vendica l’oltraggio
D’infligger più castigo a chi ha coraggio.

6

L’aguzzin di becco scalpellava
’L petto di sua grazia, Colombrina.
Ella volsi pe’ l’affann, pigolava,
Con lagrime ’l viso molcea la brina.
Finchecché, costipata dal sopruso,
Di sciolta beige a l’orco lordò ’l muso.

7

I garriti montaron in starnazzi
E aggrediron le colombe quegli agenti,
Tramortendole di botte, resi pazzi
Dall’ebrezza che trasudano i violenti
Se disserran il desio di rappresaglia
Ch’in catastrofe mena la schermaglia.

8

Poscia d’ossa rotte parean satolli
Tutti, men che Δ9. L’ubbia
Lo travolse che modi troppo molli
In opra avesse a lavar via con furia
Sanguinaria lo schizzo di diarrea
De lo qual Colombrina era pur rea.

9

Nel mezzo del gavazzo udì ’l sogghigno
D’un collega punzecchiar ove temea.
Lo scorno gli pesò com’un macigno
E intese dimostrar chi più valea.
Tra tutte sbatté a terra la ribelle,
Da tergo la stuprò dinanzi a quelle.

10

I grilli tacquer di silenzio il lutto.
Lontan lo stormo dileguava in cielo.
Agl’astri, all’Ade e al cosmo tutto
Le colombe giuraron: strappar velo
Dal volto familiar dell’oppressione.
In ira sbalestrossi la ragione.

11

Ignari che di nobil discendenza
Era colei ch’intanto si rialzava,
I balordi s’avvider con latenza
Del segnal ch’i dati riportava
Lor dalla Centrale in tutta pressa:
«La ribelle trai piccioni è principessa!»

12

Corse trista la nuova più del lampo:
Colombrina niun la vorrà in isposa
E il regno senza eredi non ha scampo!
Una capèra subdola e mmeriosa
Insinuò non fosse autoevidente
Che la donna non era consenziente…

13

Poco importa. Ciò che conta è che data
Sua figliola a le cure dei santoni,
Il Re sbatté nel muro una testata:
«Quant’è vvero ca song Dave Piccioni,
L’autore ’e chesti capate storte
S’ammerita sulo ’a cundanna a mmorte!»

14

Del festaiuolo Re udì le grida
Il borgo e le sue accidiose genti
Ch’in cambio del diritto a la movida,
Campavan ignoranti e d’espedienti
Frattanto che gabbianesca potestà
Erose avea ricchezza e libertà.

15

Armato di legittima pretesa
Re Dave precipitossi a la Centrale.
Ma in loco fu sgradevole sorpresa
L’omertoso atteggiarsi generale:
Nessuno volle dargli spiegazione
Sul fattaccio degno d’attenzione.

16

Né ’l rango di cotale querelante
Parea solicitare l’apprensione
De l’impiegato innanzi, nonostante
Uno stuolo di paggetti Re piccione
Seguisse, e petulasse l’attenzione
Del maresciallo capo-guarnigione.

17

Accreditato infin il Re vassallo
Ne l’ufficio al tetto del Brin Parcheggio,
L’attempato e gordo maresciallo,
Con gran fama di Sceriffo, a motteggio
Il misfatto sminuì senz’imbarazzo:
«E chi non ha sbagliato da ragazzo…?»

18

Al padre de la vittima la bile
Annerì le vene. Stette a vedere
Le pietose gag in bullesco stile
Di cui Sceriffo era cerimoniere
E la coorte, in galoppin piumaggio,
Plaudiva a così becer personaggio.

19

«Levatemi davanti a sti samenti
Ch’i palle asotto lloro non ce ll’hanno
Sti fruffrù… Solo ozio e divertimenti.
A tubare per strada se ne stanno
Mentre noi lavoriamo al loro posto.
Purtalla a sta figliola… Ce lo intosto!»

20

Fu cacciato a calci da un gendarme
Quello smidollato Re, e si ritrasse.
Ma l’error fu non captar l’allarme
Che lo spregio trai sudditi montasse:
Sotto finte spoglie d’ordinario,
Rancor trasfigurossi in incendiario.

21

Tuoni e lampi piovver acqua battente.
Colombrina con la sua ancella Meri
Ammantellata, a piè, e immantinente,
Via dal borgo, a gir per vichi neri,
Ritornò sopra al luogo del delitto
Con speme in testimon di schiena dritto

22

Tra quei ratti di rientro dal mare
Che poco prima colà eran passati
E annuito il lor consueto benestare
Acché i piccioni, pure lor affamati, 
Potesser mangiucchiar insiem all’altri,
Benché d’alcuna stima d’esser scaltri

23

Godean nell’opinione de li topi
Che li consideravan vili servi,
Collaborazionisti e senza scopi.
È vero: i piccion davan sui nervi
Ai ratti perché più liberi vivean
Finché a bassa quota si movean.

24

Ai piccion, però, prudeva ’l pelo,
Quando qualcun col piglio divertente
Li canzonava “zoccole di cielo”.
Misera, ahinoi, l’una e l’altra gente.
Ciascuna si lusinga buona e bella
Pur essendo per un’altra la zimbella…

25

Ed ecco al limitar del fogneo regno
Giunta Colombrina. P’ottener passo
Da li ratti di turno, mostrò un segno
Che le guardie lasciò tutte di sasso:
Una sinistra bambolina voodoo,
A forma di gabbiano a testa in giù.


Gennaro Ascione è un eretico praticante, di un ordine minore. Dedito allo studio, all’interpretazione, all’analisi, alla comprensione e alle lettere, e più ci si impegna più non ci capisce un beneamato cazzo. Editorialista, saggista e ricercatore. Autore del romanzo Vendi Napoli e poi muori. Ed è tutto vero.

Simone Tso è illustratore e grafico. Autodidatta, la sua produzione comprende magliette, fanzine, riviste, libri, fumetti, pubblicità, adesivi, copertine di dischi, post-it, che diffonde in circuiti sotterranei e ufficiali.