MemeStereo 4 – Il Font Impact.

Molti di noi sospettavano da tempo che i meme fossero soggetti a un processo dia… ah, scusate, devo cominciare con la scenetta circense.

Ciao a tutti, sono il cane giallo malato di sesso e esperto di meme, mi piacciono le donne, i meme e sono obbligato da contratto a tenere questo tono informale e parodistico. Questa è memestereo e qui si parla di meme.

Dicevo.

Molti di noi sospettavano da tempo che i meme fossero soggetti a un processo dialettico, rintracciabile nel ciclo dell’ironia che interessa ogni meme di rilievo e si esaurisce in tempi sempre più brevi. Ma, proprio a causa della brevità temporale di questo ciclo, l’ipotesi dialettica può essere affiancata o sostituita da una struttura duplice: momento pre-ironico, in cui il template emerge e si afferma e momento ironico, in cui tutte le operazioni semiotiche sul template sono valide e coesistono contemporaneamente. Sappiamo invece che la dialettica si articola in tre momenti che, nel caso dei meme sono: affermazione pre-ironica, negazione ironica e superamento post-ironico.

Ebbene, niente riesce a illustrare la dialettica dei meme meglio della ormai decennale storia del font IMPACT.

Come anche voialtri normaloni del cazzo saprete, il font IMPACT scomparve completamente da ogni meme che aspirasse alla minima legittimità sottoculturale. Questo accadde agli inizi del decennio passato, ma dal 2005 al 2012, durante la golden age dei meme, era stato il font egemone, addirittura l’unico possibile, in grado da solo di segnalare che stavamo guardando un meme. Una lezione del 2016 del collettivo TPM, The Philosopher Meme, indica il successore nel font Helvetica posto al di sopra dell’immagine. Ma già in quegli anni, il testo memetico stava tornando a occupare lo spazio dell’immagine, aggredendolo con una varietà cacofonica di font e di stili, alla maniera vaporwave, estetica molto comune nell’allora dominante leftbook. In più, sempre nella seconda metà del decennio, acquistavano popolarità i label meme che annullano concettualmente la didascalia, attribuendo ruoli precisi ai personaggi della scena, scrivendoglieli direttamente addosso. In tutto questo, dell’impact sembravano essersi perse le tracce, fatta eccezione ovviamente per il macrocosmo dei normaloni all’ultimo stadio: mamme, nonni, superuovi, pastori veri, bomber finti, politici senza scrupoli e brand poco aggiornati.

Schiavi dei più comuni mezzi di produzione, cioè i meme editor online, queste anagrafiche hanno continuato a generare meme esteticamente identici dal 2005 ad oggi.

Senonché, da circa un anno a questa parte, qualcosa è cambiato ed è sotto gli occhi di tutti.

Lo spirito del tempo è spiegato molto bene dal memone qui sotto (di Paolo Vizzo in Cittadini d’Abruzzo)

Ricostruiamo gli eventi che ci hanno condotto alla situazione presente. Tutto è iniziato quando noialtri meme lords abbiamo iniziato a prendere per il culo i subumani stronzi normaloni teste di cazzo che ancora usavano l’IMPACT facendo parodie delle loro tipiche produzioni, tanto nei contenuti quanto nello stile. Questo è il momento ironico dell’uso dell’IMPACT, la negazione del suo uso affermativo. Come dice il king qui sopra, uno dei modi per segnalare l’intenzione ironica era ripetere due volte parte del testo. Inizialmente, questa prassi intendeva simulare la fretta e la scarsa attenzione del memer normalone ed era coadiuvata da una serie di errori di battitura e di impaginazione, come più testi sovraimposti o parzialmente tagliati fuori dall’immagine. Col passare del tempo, questo semplice artificio parodico si è evoluto in una forma espressiva autonoma, cioè nella mimesi della lingua orale, lambendo i confini del flusso di coscienza distribuito sul meme senza più riguardo per la divisione netta tra premessa e conclusione della battuta. Si è prodotto quindi un testo in IMPACT contro la ragione metrica abituale del TopText BottomText e che dava voce al discorso diretto, erratico e confusionario, del protagonista del meme.

Veicolo imprescindibile di questa evoluzione sono proprio io, il cane giallo. Il revival dell’IMPACT ha infatti incontrato un altro importantissimo revival, quello del doge, che già presentava un discorso diretto erratico e confusionario nella sua versione del 2013. Si adoperava allora il comic sans in molteplici colori, distribuendo il testo su tutta l’immagine. La reintegrazione dell’impact qui non ha valore parodico ma segnala invece un nuovo tono di voce del doge, che oggi si chiama semplicemente cane giallo divertente, caratterizzato da temi e contenuti apodittici, parziali, provocatori e disturbanti, tipo quanto odio le donne e quanto voglio essere umiliato sotto i loro piedi.

La parodia viene insomma negata, negazione della negazione, superamento hegeliano e riproposizione dell’IMPACT nel momento positivo.

Si è pertanto arrivati al punto che l’uso dell’impact non deve neppure essere giustificato da ripetizioni e refusi che ne segnalino l’intenzione ironica, come dichiara in modo troppo assoluto l’Harambe al piccolo king. Lo dimostrano tanti meme di validissime pagine italiane che per prime hanno compiuto la dialettica hegeliana dell’IMPACT: BOMBO Reported, Ignoramza Totale Becera II – Electric Diocaneee, Dipartimento Mongoloide Indoeuropeo, Meme Veterotestamentari e Ritardoantichità.

Certo, questa modulazione è ancora viva e vegeta ma è anche chiaro che il suo referente parodizzato è ormai perduto e si afferma ora come puro esercizio di stile.

Di riflesso, alcuni dei più riusciti memi da pastori e da bomber hanno preso a far snoffare, come si dice in gergo (-ridere emettendo aria dal naso-), anche diversi memelord de stocazzo. Venendo meno la repulsione estetica per il font impact, le uscite più estreme dei pastori vengono accolte come performance dada di cattivo gusto, forse persino consapevoli nell’esercitare una parodia di se stesse, come quella che gli facevamo noi poco tempo fa.

Irrecuperabili sono invece tutti i meme che si pongono al di qua del cattivo gusto o dell’avanguardia, come le battute didattiche del Superuovo. Lì si è in presenza di una mediocrità così strutturale che l’IMPACT ci mostra nuovamente la sua faccia conformista e priva di idee.

 (Questo potrebbe essere un ottimo meme ritardoantico se si eliminasse del tutto il testo di sotto, per esempio).

In conclusione, la vicenda dell’IMPACT ci insegna che nulla è permanente nell’estetica dei meme e che col volgere di strani eoni anche il cringe può tornare kek.


Alessandro Normie NON ha pubblicato La guerra dei meme (effequ, 2017); NON scrive per Esquire Italia, Il Tascabile Treccani, VICE Italia, Not e altri; NON si occupa di filosofia, cultura pop, nuovi media et cetera et cetera. Si trova qui per sbaglio, amico di amici.