Intro.

Se non avete capito che i meme sono l’undicesima arte, la prima e unica arte di massa intesa non (solo) per la massa ma fatta dalla massa, dispositivo semiotico micidiale sospeso tra arte contemporanea, fumetto e letteratura che realizza la morte dell’autore una volta per tutte, non sarò di certo io a spiegarvelo. Anzi sì, e l’ho appena fatto.

Ci sarebbe ancora così tanto da dire intorno a questo strumento la cui complessità è nascosta in piena vista ma è un lavoro ingrato perché gli animi non sono sereni.

Trovi sempre quello che ti fa gni gni gni, lo scoglionato di turno, l’esaurito da social che ti invita aggressivamente alla moderazione perché abbiamo giocato abbiamo scherzato ma basta dare peso a queste cazzate. Lo trovi sempre anzi ce l’hai nella testa ormai da quanto lo hai sentito svomitare banalità e allora l’indagine pacifica si trasforma in un’ansiosa giustificazione, una richiesta di permesso con duecento mani avanti “no, no, non sto dicendo questo, non sto dicendo quest’altro, sì sì i meme hanno tanti problemi, certo non possono essere la soluzione a”. La soluzione a cosa poi? Avete mai chiesto al cinema di essere soluzione a qualcosa? Stronzi come siete può pure essere.

Ma a noi non ci importa.

Per questo la nostra rubrica non accamperà ulteriori giustificazioni, né si darà altri motivi di essere oltre la sua stessa esistenza: la prima rubrica settimanale di meme. Come quelle dei dischi e dei film.

Ogni settimana parleremo delle ultime uscite su internet, né sceglieremo uno (o due o tre) e mostreremo come sta affrescando il nostro muro digitale.

Il nuovo decennio si è aperto con una guerra mondiale immaginata. Gli zoomers avevano la paura e la voglia di fare l’amore sotto le bombe, coscritti a forza dalla patria, sì ma solo per finta. Se un soldato in potenza conoscesse l’atto poetico, sublimerebbe il proprio gesto omicida mettendo in meme un atto equivalente.

Dalla prossima settimana, guarderemo dietro le quinte di questi atti poetici.

Io sono Alessandro Normie e questa è MemeStereo.




Alessandro Normie NON ha pubblicato La guerra dei meme (effequ, 2017); NON scrive per Esquire Italia, Il Tascabile Treccani, VICE Italia, Not e altri; NON si occupa di filosofia, cultura pop, nuovi media et cetera et cetera. Si trova qui per sbaglio, amico di amici.