Stanislav Tolkachev, musica dalla Zona.

Eccomi che mi aggiro tra quelle sedie rotte, tra le fredde viscere dei palazzi abbandonati, tra cose che non sono di nessuno, in qualcosa che un tempo aveva vissuto

Una passeggiata nella zona, Kamys Markijan, 2019

“Rocket City” è il soprannome di Dnipro, città dell’Ucraina orientale che prende il nome del lungo fiume che vi scorre al centro, tra gli edifici di architettura brutalista e le vecchie fabbriche. Durante l’era sovietica, infatti, Dnipro era stata scelta come territorio destinato allo sviluppo del programma spaziale del governo, come centro per la produzione di armi e razzi, e per ricerche nucleari. A causa di ciò, la città è rimasta inaccessibile fino agli anni ’90: per potervi accedere senza essere un residente era necessario un apposito permesso di governo; militari controllavano senza sosta l’intera zona e, come succede in tutti i luoghi protetti che ospitano stabilimenti militari, qualsiasi volto non familiare visto lungo le strade della città rappresentava una possibile minaccia nei confronti di chi era invece integrato nel sistema. E’ risaputo che frammenti palpabili di questo stesso clima di sfiducia, inerzia e rigidità continuino a sopravvivere nelle “Closed Cities” anche tempo dopo la loro completa riapertura: è il caso di Dnipro, dove enormi razzi adornano le strade principali e dove i giovani delle nuove generazioni continuano a scegliere le carriere di fisici o ingegneri aerospaziali, desiderosi di non tradire le radici e la storia della propria città. In questo senso, Dnipro è uno dei luoghi dove è ancora possibile sentire, aleggiante e totalizzante, il respiro del’URSS. Fu la città industriale e recintata di Dnipro a dare i natali a Stanislav Tolkachev, nel 1982: figura chiave della Techno europea, oltre che essere tra le più influenti della musica elettronica ontemporanea tout court, Tolkachev è quel tipo di artista dall’immaginario così definito da essere immediatamente riconoscibile, che si ascoltino le prime note di un brano o si osservi il bianco e nero acido delle copertine di uno dei suoi EP. Musicista e artista visuale, Tolkachev è attualmente autore di un corpus di opere coerente e sorprendente, che sembra non solo attingere alla storia personale dell’artista, ma rielaborare una serie di influenze ben precise per delineare i tratti di una poetica nuova e originale.

Rimasto perlopiù marginale rispetto ai media mainstream- seppure ammirato profondamente dagli amanti del genere – Tolkachev ha pubblicato, negli anni, progetti con decine di etichette differenti: la belga Token Records, l’olandese Mord, Semantica Records dalla Spagna, Labrynth dalla California e Funque Droppings dalla Danimarca. Avanguardisti e atonali, i brani del musicista ucraino sono ipnotici e malinconici; “sono tracce da ascoltare in casa, mentre le melodia ti trasporta – come farebbe un incantatore di serpenti – verso l’introspezione” scrive Matt Unicomb, critico musicale di Resident Advisor. Perché se c’è una caratteristica comune a tutto il lavoro di Tolkachev, dai primi esperimenti alle ultime pubblicazioni, è la capacità di rievocare dimensioni fisiche che ci sembra aver attraversato prima, e che non pensavamo di poter più ricordare; ricordi offuscati; residui sepolti in zone dell’inconscio impossibili da cristallizzare, che riaffiorano solo ascoltano le note contorte e i ritmi serrati di brani come “And then she fell” o “Mostly harmless”. Quella evocata da Tolkachev è l’atmosfera di una zona metafisica e circoscritta, un mondo livido dove un agente esterno controlla e sorveglia; suoni industriali da una città dove si è diffusa un’epidemia da cui non si può più scappare, e da cui – come avviene nella sognante “About Time” – reminiscenze di una perduta innocenza e spensieratezza emergono per poi sparire per sempre.

About Time, Token Records, 2020

Più di tutto, la musica di Stanislav Tolkachev ha una componente incredibilmente cinematografica: dai titoli evocativi che, come nei casi delle più celebri opere di arte contemporanea, incrementano la potenza dei brani, alle cover dei brani realizzate dallo stesso musicista, alle composizioni che sembrano designare veri e propri spazi fisici da esplorare come in un videogioco open-world. Passando per Tsukamoto a Chris Marker, l’immaginario più familiare alla musica di Tolkachev è quello descritto dai fratelli Strugatzki in “Picnic sul ciglio della strada” (1972) e portato sullo schermo da Andrej Tarkovskij nel film “Stalker” (1979): un luogo proibito e sorvegliato dove giacciono relitti alieni che promettono di realizzare i sogni più reconditi; una realtà mutevole che cambia ad ogni movimento, dove nulla è dato per certo e niente è come appare.

Diventato d’ispirazione per un videogioco sviluppato dalla società ucraina GSC Game World, il mondo di Stalker è oggi comunemente associato alla pratica messa in atto da esploratori illegali della zona d’esclusione di Chernobyl: gruppi di giovani clandestini che trascorrono giorni e notti nella Dead Zone, la zona contaminata che è una vera e propria “time capsule dell’era sovietica”.

Com’è adesso la Zona di Čornobyl? Per alcuni è il terribile ricordo di uninfanzia semidimenticata, di una felice giovinezza sovietica, in cui nel giro di pochi giorni la tua esistenza va a rotoli e tu e tutti i tuoi vicini dovete lasciare le vostre cose e rifarvi una vita.”

Scrive Markijan Kamis, un esploratore della Dead Zone, in “Una passeggiata nella zona” edito Keller. Quella stessa alienazione, insieme alla volontà di isolamento e al tentativo di recuperare tempi e mondi perduti, somiglia alle sonorità post-apocalittiche e post industriali del musicista ucraino: suoni provenienti da un’infanzia trascorsa a Dnipro, città sorvegliata e bloccata nel tempo, circondata da mura reali e confini invisibili.

When you are not at home 58×58 \ CTPOIL \ 2017

Nonostante Tolkachev abbia citato più volte le immagini macabre del fotografo Joel-Peter Witkin – con i suoi cadaveri, scheletri e corpi smembrati – per essergli servite da principale ispirazione, l’atmosfera tarkovskjiana persiste nei lavori di arte visuale del musicista, raccolte sul sito randominde.com insieme ad una lista di mostre passate tra cui appaiono esposizioni al Tempio del Futuro Perduto di Milano e una lunga serie di festival fotografici di Kiev.

Gli scatti di Tolkachev, realizzati con la tecnica del CTPOIL, sono immagini del tutto costruite: messe in scena di oggetti magici e corpi fragili, graffi e striature della pellicola, grigi soffusi a riempire superfici inanimate e pelli cadaveriche, come in una dei fotogrammi de La Jetée (1962), film di Chris Marker dove la città di Parigi viene svuotata in seguito a una catastrofe nucleare.

Le immagini, che condividono i titoli con i singoli del musicista, restituiscono l’idea di un flusso artistico-espressivo che si dirama nei numerosi linguaggi utilizzati da Tolkachev, con una lucidità e una consapevolezza artistica fuori dal comune – nonostante i problemi di salute mentale e le controversie che negli ultimi hanno costretto l’artista a fermarsi per lunghi periodi di tempo: ultima tra queste, le accuse da parte della musicista Poly Chain arrivate dopo un’aggressione in un club pariginio.  Attualmente, Tolkachev è impegnato nella creazione di una label di nome Rudiment e nella pubblicazione della compilation “Love Will Win Over Death” che ha unito musicisti da tutto il mondo in una raccolta fondi da devolvere alle organizzazioni umanitarie che si prendono cura delle vittime del conflitto russo-ucraino.

Inoltre, solo recentemente, il musicista ucraino ha deciso di mettere in vendita stampe digitali delle fotografie che fanno da copertina ai suoi brani: tasselli inestimabili di un corpus artistico ancora poco analizzato, che rappresenta gli spazi reconditi della mente di una figura oscura e controversa, capace di inventare un universo disteso che – con la musica e l’arte visuale – non fa che insinuarsi sempre più a fondo nella mente di chi guarda o ascolta, come un male senza cura o una zona magica senza strade per tornare a casa.


Arianna Caserta è nata a Roma nel 2001. Si occupa di critica cinematografica, si interessa di cinema indipendente e sperimentale, e di musica elettronica. È spesso utilizzata per Character Development. Perfetta interprete delle suggestioni dei cari Death Grips, continua a dare <<buona idee alle persone sbagliate>>.