“Prayer to Pasolini” – Guida completa al pellegrinaggio di John Waters al lido di Ostia.

Durante l’ultimo mese di febbraio la galleria Sprüth Magers di Los Angeles ha inaugurato una mostra di nome “Hollywood’s Greatest Hits” che raccoglie più di 30 opere d’arte di quello che è a tutti gli effetti il re indiscusso del cinema indipendente americano: il regista John Waters. La figura di Waters, a partire dallo sguardo penetrante, la linea di matita nera sopra le labbra come baffi e i movimenti corporei sinuosi ed ipnotici, incarna perfettamente lo status di icona che gli è stato attribuito nel tempo; non è solo l’estetica dei film di Waters ad essere iconica, ma più di tutto i contenuti dissacranti di cui è piena la sua opera intera; esempio è il lancio del celebre personaggio di Divine, che il regista di Baltimora ha scelto come protagonista di gran parte degli episodi grotteschi che animano le immagini da lui dirette. È impossibile prescindere dalla filmografia di John Waters per chi è amante del cinema trash, per chi è appassionato fan del Rocky Horror Picture Show, per chi è stato assiduo studioso del manifesto Notes on camp di Susan Sontag o per chi ha letto avidamente le considerazioni di Slavoj Žižek in Il trash sublime; per questi studi estetici, Waters è stato così fondamentale da essersi guadagnato il soprannome di “Pope of Trash”, letteralmente, il Papa del trash. Tra le opere in mostra alla galleria Sprüth Magers spuntano immagini di icone pop deturpate con photoshop come fossero vittime di una grossolana chirurgia estetica, fotografie dagli echi di Cindy Sherman e collage di vario tipo, tra cui uno dal nome 21 Pasolini pimples: un’opera di selezione ed estrazione dei brufoli sui visi dei giovani attori dei film di Pier Paolo Pasolini, che Waters ha analizzato per crearne una composizione su fondo bianco. L’opera, che risale al 2006, non è il primo omaggio del regista americano a Pasolini; precedentemente, intorno al ’96, Waters aveva stampato ed esposto dei fotogrammi dai film del regista italiano, mostrando di esserne un grandissimo fan e di essere un raffinato cultore della sua opera.

Non siamo rimasti quindi sorpresi che il regista abbia deciso di celebrare il suo 75esimo compleanno pubblicando su bandcamp un album digitale in cui, attraverso un reportage audio, racconta del suo pellegrinaggio al lido di Ostia, nel luogo dove avvenne l’omicidio di Pier Paolo Pasolini il 2 Novembre del 1975, e dove adesso si trova un monumento in suo onore. John Waters, così come lo fu Pasolini, è una personalità controversa da sempre; non ci si aspettava dunque un semplice omaggio o un canto liturgico dedicato all’intellettuale italiano, bensì un commentario scomodo, ironico e grottesco sulle circostanze della morte e della vita del grande poeta e regista. Prayer to Pasolini è un documento estremamente interessante: un’analisi di alcuni aspetti rilevanti dell’opera artistica di Pasolini da parte del genio dissacratore di John Waters, che in certi aspetti, ha molteplici punti in comune con il regista di Salò.

Ognuna delle 14 tracce affronta un preciso topic su cui John Waters ha ritenuto necessario soffermarsi, raccontando storie appartenenti alla vita passata del poeta, riflettendo sui suoi film e sollevando questioni del tutto contemporanee su alcune tematiche della sua opera.

Questa è una guida completa, traccia per traccia, del pellegrinaggio di John Waters verso il lido di Ostia, al monumento per Pier Paolo Pasolini.

1. Prayer to Pasolini

“Hi, I’m John Waters, speaking to you electronically” è la frase d’apertura della traccia introduttiva dell’album. Il regista ci spiega innanzitutto le cause del suo tour al lido di Ostia (che lui pronuncia apponendo un accento sulla i, “Ostìa”), ci rivela che l’occasione gli è stata data dall’invito al Rome Film Festival, nell’ottobre 2020, e che recarsi al memoriale di Pasolini è da tanto tempo un suo forte desiderio. Nella prima traccia, il regista presenta il ventaglio completo dei temi che verranno approfonditi nei singoli brani; parte da una descrizione del territorio, si chiede come mai ci sia una recinzione che sembra voler disincentivare le visite: “Da chi si nasconde il memoriale di Pasolini? Anti-comunisti? Omofobi odiatori di Pasolini?” e continua ad interrogarsi sul sistema di sorveglianza di cui avvertono i cartelli sul posto e su quali azioni possano star controllando; se si trattasse di atti sessuali, non sarebbe quello il luogo più opportuno ad ospitarli? Waters continua paragonando il luogo del delitto di Pasolini ad una Via Crucis, e confessa che i titoli dei suoi film e i versi delle poesie sulla resistenza, incise sul marmo del monumento, danno un senso di sacralità così potente da far venir voglia di genuflettersi in adorazione. John Waters affronta con tono ironico i dettagli dell’assassinio di Pasolini come si trattasse della trama grottesca di un suo film, e immagina che dalla fermata dell’autobus adiacente al monumento possa fermarsi un pullman che scarichi il sublime Terence Stamp di Teorema. “Non senti la gioia di Fellini o l’alienazione di Antonioni. […] ma la fresca brezza del desiderio”.

“It is now the time for worship”, il momento della venerazione è arrivato: John si inginocchia, i suoi occhi si capovolgono “come Laura Betti posseduta da Linda Blair ne L’esorcista“, la preghiera comincia

 

Oh pasolini,
Sei il nostro padre che rifiuta il paradiso,
Inducici in tentazione
[…]
Concepito da Marx, nato dallo spirito futuro di Maria Callas, sofferto nella chiesa cattolica, assassinato e sepolto innocente
[…]
Disceso nel paradiso del cinema, nato dalla mano destra di Vittorio Calcina, e chiamato a giudicare i censori, i fascisti e gli omofobi.
Credo in Ninetto Davoli, l’amore della vita di Pasolini
Credo nella Biennale di Venezia, nel Rome Film Festival
Nel perdono dei dannati e la risurrezione della reputazione di Pasolini, e nella vita eterna per la sua mente geniale

2. Onsite at Pasolini’s Memorial

Dopo l’insolita preghiera, con una brevissima traccia, John ci fa sentire una registrazione che contiene il momento del suo arrivo al lido. L’audio non è registrato in studio, bensì sul posto, e ci rende partecipi dei primi commenti scaturiti dalla primissima visione del monumento per Pasolini. Tra i rumori ambientali, Waters raccoglie le sue prime impressioni contrastanti: nonostante il luogo abbia una parvenza inquietante a causa delle cose orribili che vi sono capitate, il posto conserva un senso di calma e bellezza, dovuto anche ai versi delle poesie di Pasolini, che insieme ai titoli dei suoi film, sono incise sul marmo del monumento.

3. Speaking in tongues (featuring sounds from Pasolini murder site)

Nella terza traccia, Waters continua il discorso narrativo della preghiera introdotto nel primo brano. Come se avesse ricevuto il dono divino del parlare in lingue (quello che si chiama anche “glossolalìa”), il regista pronuncia versi indistinguibili come se si trovasse nel bel mezzo di un esorcismo. Tra rumori di catene in sottofondo, Waters assimila tutto il potere controverso delle opere di Pier Paolo Pasolini attraverso inquietanti suoni dall’oltretomba.

4. Conspiracy Theories

Forse la nota più dibattuta di questa storia, punto cardine di discussioni e ricerche storiche ancora vive: le teorie su cosa sia effettivamente accaduto la notte tra l’1 e il 2 novembre, e le “teorie di cospirazione” che ancora aleggiano in programmi televisivi, libri e tra le voci di chi era vicino a Pasolini durante periodi della sua vita. Il fatto che la morte di Pasolini somigli così tanto ad episodi da lui narrati in opere come Ragazzi di vita o Accattone, almeno tanto quanto quella di Caravaggio sembri dipinta da egli stesso, ha fatto sì che qualcuno abbia persino avanzato l’ipotesi del suicidio programmato: seguendo questa teoria, Pasolini avrebbe considerato la sua morte come l’ultimo atto di uno spettacolo, come ultimo tassello per completare la sua grande opera. Secondo Waters, però, qualsiasi motivazione che leghi la morte di Pasolini a questioni politiche o intellettuali, è poco credibile. Il regista crede che sia stata solo una “cattiva notte”  (“We all had bad evenings sexually”) per P.P.P. e che, in fin dei conti, non ha poi così tanta importanza poiché “Pasolini fu ucciso a causa di chi era, non importa chi l’abbia fatto”. Waters ricorda che tra i titoli da lui selezionati per il programma John Waters presents movies That Will Corrupt You per Here TV, venne proposta la visione del documentario Pasolini, un delitto italiano di Marco Tullio Giordana e ricorda che l’assassino di Pasolini, Pelosi soprannominato “La rana”, ha aperto un bar da qualche parte dopo aver scontato la sua pena in carcere.

5. Openly gay

Apertamente gay è un’espressione che fa sempre capovolgere agli occhi a me e a Gus Van Sant”, dice il regista di Baltimora in apertura della quinta traccia dell’album. Il regista Gus Van Sant che nel 1975, da studente, ebbe inoltre l’opportunità di avere un incontro con Pasolini, ha parlato spesso di come, secondo lui, la sua omosessualità non sia mai stata utilizzata nei suoi film come elemento politico, ma solo ed esclusivamente come elemento romantico. Anche se film come Milk (2008) rendono queste affermazioni un pò contraddittorie, è sicuramente vero che è possibile leggere l’autobiografia di un autore solo guardando le sfumature della sua opera, senza constatazioni dirette che confermino “apertamente” informazioni appartenenti all’orientamento sessuale o alla personale sensibilità dell’autore in questione. “Qualcuno dice mai che Fellini era apertamente eterosessuale?” si chiede Waters. Continua, “Credo di aver scoperto di poter sempre riuscire a dire, solo guardando un film, se la persona che l’ha fatto ha quel tipo di sguardo, quell’attrazione alle cose proibite, probabilmente con un pò di sensi di colpa cattolici all’interno”.

6. Eating Shit

Nella sesta traccia John ci spiega un aneddoto particolare: quando Salò o Le 120 giornate di Sodoma venne distribuito per la prima volta, fu spesso paragonato al suo Pink Flamingos, di tre anni prima, a causa della dibattuta scena in cui Divine mangia le feci di un cagnolino. Tuttavia, John ha da fare un appunto “La differenza, – dice Waters con aria soddisfatta – è che nel mio film Divine mangia delle vere feci, e nel film di Pasolini mangiano cioccolata. Ma non glielo rinfaccio!”.

7. Drive-in theaters

La voce di Waters ci spiega l’episodio di una proiezione di Salò in un cinema drive-in, organizzata allo Zoo del Bronx, dal regista, in occasione dell’ultimo New York Film Festival. Un pò di tempo fa, nei cinema drive-in c’era l’abitudine di suonare il clacson ogni volta che apparivano scene di nudo o scene cruente, ci racconta il regista; durante la presentazione del film di Pasolini, però, John ha chiesto ai presenti di suonare il clacson ogni volta che avrebbero visto arte; “Voglio che suoniate il clacson ogni volta che vedete arte, d’accordo?” ha detto prima di dare il via alla proiezione. “Sembrava una proiezione del Rocky Horror Picture Show, in cui c’è la piena partecipazione del pubblico” aggiunge Waters.

8. Political Correctness

In una delle tracce più interessanti, il regista risponde ad un particolare quesito. Salò e Pink Flamingos potrebbero essere prodotti ai giorni nostri? “Probabilmente no. Sicuramente non sono politicamente corretti, e non passerebbero di certo i controlli dei Sensitivity editors” risponde Waters, facendo riferimento alla figura professionale, emersa da poco, che ha il compito di controllare un testo prima della pubblicazione, facendo attenzione a come vengono gestite le  rappresentazioni, agli stereotipi, o alle incongruenze storiche. È simbolico ascoltare la riflessione di Waters dopo la vittoria del film che ha ricevuto l’Orso d’Oro durante l’ultima edizione del Festival del Cinema di Berlino. Bad luck banging or Loony Porn di Radu Jude si apre con una lunga scena di sesso che sicuramente non sfuggirà alla censura della maggior parte dei paesi. Il film di Jude contiene una severissima critica sociale alla Romania bigotta narrata con tono ironico e paradossale; niente feci o cose simili, ma un altissimo tasso di grottesco in cui molti hanno riconosciuto un paragone alla filmografia di John Waters.

“Ho letto che i giovani che facevano parte del cast (di Salò) avevano l’unico problema di rimanere seri e cercare di non ridere. Hanno detto che l’atmosfera era gioviale, Pasolini era tranquillo e gentile con loro. Proprio come lo ero anch’io.” continua il regista americano, aggiungendo che secondo lui, ci sarebbe da produrre un documentario su quel cast, che un giorno del ’75 mangiò feci (finte) per Pasolini.

9. Anna Magnani

Anche nella nona traccia la riflessione emerge dall’osservazione della contemporaneità: questa volta il centro della discussione è la figura dell’attrice Anna Magnani, donna meravigliosa che di certo però non rientrava nei canoni di bellezza standard forniti dalla società e soprattutto dal mondo del cinema. “Oggi potrebbe essere una star del cinema? Non credo. Voglio dire, aveva dei baffi”; Waters le attribuisce l’aggettivo “Earthy” che si traduce letteralmente in “terrena”, anche un pò rozza, il contrario di quella delicatezza snob appartenente a molte delle stelle del cinema che rientrano nei canoni di bellezza stereotipata. “Un’attrice con quell’aspetto potrebbe avere un ruolo da protagonista oggi? Voglio dire, oggigiorno, truccano le raffinate stelle del cinema per farle apparire così. È quello che hanno fatto con il trucco imbruttente per il ruolo di Aileen Wuornos. Lo stesso problema si ha con le fat-suits. Una fat-suit è come una blackface per le ragazze sovrappeso”.

Le osservazioni in questa traccia sono particolarmente intriganti: perché la stessa Hollywood piena di censori del “politically correct” preferisce non scegliere attori dall’aspetto “non standard” e invece camuffare i soliti volti perfetti delle star da red carpet? Non solo il caso dell’affascinante Charlize Theron resa sgradevole per Monster; è anche il caso di altri tipi di rappresentazione, come quella transgender ultimamente portata a galla e discussa nel documentario Disclosure di Sam Feder. Anche qui, probabilmente, ultime produzioni come la serie tv HBO Euphoria o le conversazioni sui premi ritirati dall’attrice Frances McDormand per i suoi ruoli da protagonista forniscono una risposta, speranzosa, agli interrogativi posti dal regista.

10. Casting Methods

La decima traccia contiene informazioni sui metodi del processo di casting per gli attori dei film del regista italiano. Chiaramente, come ogni altro regista, Pasolini era solito riutilizzare attori per più film; questo accadde per Ninetto Davoli, Laura Betti o Franco Citti. La peculiarità di Pasolini, e ciò che Waters desidera far emergere da questa decima traccia dell’ album, è che la tradizione Neorealista, grande ascendente su Pasolini, faceva sì da rendere il suo corpo attori assolutamente eterogeneo, facendo spazio ad attori di alto calibro e contemporaneamente a persone reclutate tra le strade della periferia romana. E così come accadeva spesso nei film neorealisti, le performance delle persone comuni erano spesso superiori a quelle dei professionisti (è il caso di Ettore di Mamma Roma). Molte volte, aggiunge Waters, non si riesce affatto a capire chi sia un attore professionista e chi sia invece alla sua prima apparizione sul grande schermo.

11. Pasolini’s Artistry

“Pasolini’s Artistry” omaggia la poliedricità dell’intellettuale italiano. Nonostante ci tenga a precisare che, tra la produzione artistica di Pasolini, nulla ha influito su di lui come i suoi film, Waters ci ricorda che P.P.P. non era solo uno scrittore e un poeta, ma anche un pittore. Il regista americano ci confida di avere una gouache dipinta da Pasolini, rappresentante un pastore, nel suo salone, e ci dice che se dovesse scegliere un verso scritto da Pasolini nella sua intera opera, probabilmente sarebbe il dialogo finale di Salò, quando i due soldati che hanno assistito alle peggiori brutalità si guardano l’un l’altro e si dicono “Sai ballare?” (in inglese, “Wanna dance?“).

12. Influence of Pasolini

La prova dell’enorme fascinazione del regista di Baltimora per Pasolini: la sua collezione di fotografie raffiguranti l’autore. Un’immagine di lui e sua madre nel suo appartamento di New York, una foto di lui con lo sguardo verso l’obiettivo nel suo appartamento di San Francisco, un’altra foto nel suo appartamento di Baltimora; “Ho vissuto con lui per tutta la mia vita” dice Waters. Della sua collezione Pasoliniana, aggiunge John, fanno parte anche poster delle locandine dei suoi film, libri e riviste italiane che contengono informazioni sull’autore.

13. News of Pasolini’s Death

“Non mi ricordo dove fossi quanto ho sentito che l’avevano ucciso. È una bella domanda. Mi chiedo quante persone ne abbiano il ricordo. Ricordo dove fossi quando morì Jayne Mansfield, o quando morirono Marilyn Monroe e Andy Warhol. Ma non ricordo dove fossi quando morì Pasolini”, medita Waters cercando di far spazio tra i suoi ricordi e tra le morti dei personaggi pubblici che ha visto scomparire improvvisamente durante tutta la sua vita.

14. The Neorealists

“I neorealisti”; nella traccia di chiusura, John Waters analizza il fenomeno cinematografico italiano contemporaneo a Pasolini, e il rapporto tra l’opera di quest’ultimo e quella degli altri maestri del cinema. La filmografia di Pasolini è completamente diversa da quella di tutti i suoi contemporanei: oltre ad essere frutto di una personalità fortemente complessa, si può certamente constatare che vi si trovi una componente sperimentale caratterizzante; è il motivo per cui l’opera di Pasolini è diventata di culto per gli artisti underground di cui fa parte, tra altri, anche Waters. “Credo che fosse più originale di tutti gli altri, in qualche modo. Aveva i suoi modi di fare. Era stranamente omoerotico […] era conflittuale e sacro allo stesso tempo, era un comunista, gay e un radicale. Era tutte queste cose messe insieme” osserva Waters, prima di continuare con un paragone tra Pasolini ed altri registi italiani, “Fellini era più gioioso, e Antonioni era più deprimente, suicida” dice generalizzando; ricorda anche che tra i citati, il regista Luchino Visconti era l’unico ad essere anch’egli omosessuale (che Helmut Berger e Alain Delon fossero per lui quello che Ninetto Davoli e Terence Stamp erano per Pasolini?). Waters termina il paragone con Fellini, considerato il più grande regista italiano di quel periodo, e spiega la sua visione secondo cui “Fellini era il più conosciuto perché era, in un certo senso, più commerciale. Voglio dire, potevi prendere dell’LSD e poi andare a vedere uno dei suoi film. Ma nessuno prendeva dell’LSD e andava a vedere Porcile. Non so se lui (Pasolini) fu oscurato (da Fellini). […] Salò fu molto più controverso di qualsiasi cosa Fellini avesse mai fatto. Non so se nella storia del cinema, oggi, Pasolini è ricordato quanto Fellini”. Probabilmente Waters si riferisce al carattere onirico tipico Felliniano contrapposto alle note più crude, aspre e difficili da inghiottire della poetica di Pasolini. I due registi, in realtà, lavorarono insieme più volte, e ridefinirono i contorni del loro rapporto continuamente. Furono amici, collaboratori, e certe volte anche avversari (ad esempio, durante le rivolte del ’68 riguardanti il Festival di Cannes, o quando Fellini si rifiutò di produrre Accattone), ma più di ogni altra cosa sono senza ombra di dubbio tra i registi italiani più osannati e studiati in tutti il mondo. Waters non ha torto: molto più che a Fellini, il cinema indipendente e i circuiti alternativi devono la loro stessa vita all’opera Pasoliniana, anche grazie al ruolo dell’autore nella crescita del cinema indipendente americano, in particolare quello di New York testimoniato dall’amicizia con Jonas Mekas, massimo esponente del cinema sperimentale americano, e assoluto idolo e padre spirituale di John Waters.

Soundtrack della suddetta guida scritta:




Arianna Caserta è nata a Roma nel 2001. Si occupa di critica cinematografica, si interessa di cinema indipendente e sperimentale, e di musica elettronica. È spesso utilizzata per Character Development. Perfetta interprete delle suggestioni dei cari Death Grips, continua a dare <<buona idee alle persone sbagliate>>.