Frido e la chimera.

Vedere un mondo in un grano di sabbia e un universo in un fiore di campo, possedere l’infinito sul palmo della mano e l’eternita’ in un’ora.

Frido viveva in strada.

Passava gran parte del suo tempo bivaccando all’ombra di un pino marittimo lungo il tragitto che percorrevo per andare a scuola, era anche la strada che facevo per andare dai miei nonni, tutti e tre.

I miei nonni vivevano nella stessa via a un paio di case di distanza, noi vivevamo all’inizio di quella via e i miei zii accanto a noi.

Il percorso era così strutturato: casa mia, Frido, la nonna Caterina, il nonno Edo e la nonna Maria, la scuola elementare.

Frido per me era come il mostro del primo livello di certi cabinati: mi faceva paura, non mi faceva mai nulla, prima di arrivare davanti la sua casa speravo che non fosse lì.

Frido viveva libero, ma si chiamava semplicemente Frido e il suo nome non aveva nulla a che fare con la parola freedom.

Quando ero piccolo tutti i cani in provincia vivevano liberi passando gran parte del loro tempo nel tratto di strada davanti casa dei loro padroni e avendo un po’ il ruolo di sceriffi di quella zona.

A distinguere un cane randagio da uno con famiglia era il collare, il collare serviva solo a dire ciao sono di qualcuno, non c’erano su targhette con nomi o numeri di telefono, i cani avevano nomi del cazzo e poco sofisticati tipo Bobi, Chicco, Lilla, Fufi; per questo non si perdeva tempo a fare incidere i loro nomi su delle targhette, per questo sono convinto che Frido si chiamasse semplicemente Frido mentre oggi si sarebbe chiamato sicuramente Freedo.

Perché rinuncio ai figli in questa vita / no human flesh for the catholic throat / and the holy wars
Perché mi sveglio e immagino il futuro/ e vedo uomini con uomini con donne / amarsi ovunque e non paura

Ogni tanto avvenivano dei fenomeni naturali che oggi non possiamo più osservare.

Le migrazioni sessuali dei cani da tutti i quartieri del paese sotto un’unica casa.

Questo accadeva quando una cagnetta entrava in calore.

I cani non si sterilizzavano, al massimo si regalavano i cuccioli al mercato dentro a uno scatolone o li si buttava nel fiume chiusi in un sacchetto di plastica forato con delle pietre per trascinarli sul fondo.

Il fine fiuto dei cani era in grado di percepire fica a kilometri e kilometri di distanza.

A quel punto succedeva che tutti i cani adunati attorno a quella cagnetta dovevano donarle il loro seme prima che il padrone se ne rendesse conto e la chiudesse in casa, al sicuro, ma soprattutto lo si faceva per mettere al sicuro se stessi dalla terribile prassi di ucciderne i futuri cuccioli, era questa una delle rare occasioni in cui era dato ai cani di vivere in un appartamento con le famiglie dei padroni.

Un po’ come api che sciàmano i cani maschi gironzolavano in un piccolo tratto di strada asfaltata  senza un apparente meta e la cagnetta se ne stava in mezzo a loro come un’ape regina nel brulicare di uno sciame.

Il tempo per le presentazioni era brevissimo, si annusavano i culi l’un l’altro frettolosamente con lo stesso automatismo con cui i giapponesi si scambiano biglietti da visita.

Uno alla volta iniziavano a scopare con la cagnetta, nei momenti di stanchezza lei appoggiava il culo a terra come a indicare che l’attività era in pausa.

In mezzo a questa frenesia c’era sempre un cagnolino più piccolo degli altri che aspettava il suo turno e quando finalmente toccava a lui non era mai abbastanza alto per infilarlo dentro, non ci arrivava.

Ma nei tempi morti di attesa tra una scopata e l’altra veniva sempre inculato dai i cani più grandi di lui.

Lo vedevi con un espressione davvero poco contenta  mentre accadeva questa cosa, ma l’idea di poterlo buttare anche lui dentro alla cagnetta gli dava la forza di sopportare questo circo nel suo culo.

Non era in grado di realizzare che non sarebbe diventato più alto durante quei minuti.

Appena la cagnetta era di nuovo libera tornava lì a provarci, ma niente, non riusciva nemmeno a toccare la fica con la punta del suo pene, una sorta di lipstick rosso fiammante che nascondeva dentro a un marsupio di pelo morbido.

Per un po’ sono cresciuto con la paura di diventare quel cagnolino.

Quello era uno stupro, ora, a chi porta come tesi in difesa dell’omosessualità il fatto che “anche tra gli animali ci sono comportamenti omosessuali” gli andrebbe fatto notare che uno stupro non ha nulla in comune con l’amore, che spesso sono comportamenti di dominazione, tra l’altro molto più presenti tra etero nel mondo umano; che ringraziando dio non siamo animali visto che quelli si mangiano tra loro e spesso lo fanno partendo dalla faccia.

Quand on’a que l’amour / pour vivre nos promesses / Sans nulle autre richesse

Capitava poi a volte che uno dei cani rimanesse attaccato alla cagna, questo per uno strano fenomeno medico/fisico che guastava la festa a tutti.

In quel caso si poteva osservare il materializzarsi di una chimera: un cane a sei zampe e due teste che si agitava in mezzo alla frenesia dello sciame facendo sparpagliare tutti gli altri cani sulla strada, la chimera si muoveva a piccoli balzi senza una meta precisa ma con uno scopo, quello di tornare a essere due cani separati.

Le due facce della chimera comunicavano enorme imbarazzo e umiliazione per la situazione in cui si trovavano ed è strano visto che fino poco tempo prima avevano partecipato a un orgia canina sotto gli occhi di tutti e che con ogni probabilità la parte posteriore della chimera si era inculata quello stesso cagnolino che ora guardava la scena senza capire cosa stesse succedendo.

In quell’esatto momento il proprietario della cagna scendeva in strada, spesso in ciabatte, con un secchio pieno di acqua gelida con la quale colpiva la chimera che, come per magia, tornava a essere due cani, la parte posteriore, il maschio, se ne fuggiva guaendo, la parte anteriore, la femmina, lo seguiva nel garage dove due mesi dopo avrebbe partorito tanti cuccioli diversi tra loro, lo seguiva umiliata e a testa bassa.

Piano piano tutti i cani presenti se ne andavano da quel breve tratto di strada ritornando ognuno al suo quartiere, aspettando che il vento trasportasse nuovamente fino al loro naso una piccola molecola di fica.

Solo uno rimaneva lì acquattato dietro a un auto: il cagnolino più piccolo che ancora una volta non aveva capito nulla.

Ed era così che nascevano i cuccioli in provincia.


Ciro Fanelli è pittore, illustratore, tatuatore e scrittore. I suoi lavori sono apparsi su “La Lettura – Corriere della Sera”, “Vice”, “Esquire” e altre prestigiose riviste europee e giapponesi. Ha pubblicato Pinocchio e Les corbeaux pleurent la merde per Le Dernier Cri (Marsiglia,FR), per Rizzoli Lizard ha pubblicato Nel bosco del nostro splendore.