Sono nato il 21 Aprile del 1980.
Nevicava, cosa al quanto insolita ma non unica per quella data.
Mi sono sempre chiesto come sarebbe stato nascere nel 1983 oppure nel 1977 o in qualsiasi altra data che non sia una cifra tonda.
Se nasci nel 1980 non devi fare tanti calcoli per sapere quanti anni hai, per esempio quest’anno faccio 40 anni e mi sarei immaginato più facilmente di non vederlo mai il mio quarantesimo compleanno piuttosto che vederlo in un mondo in piena pandemia talmente quel 2020 mi è sempre sembrato un traguardo lontanissimo.
Una volta feci l’errore di pagare un debito di droga di un amico, erano gli anni ’90, parlandone con un altro amico mi disse “Sei pazzo? Te li ridarà nel 2020 quei soldi”, duemilaventi era una data lontanissima, non è un caso se adesso sentiamo spesso citare come profetici romanzi, racconti, film o fumetti che parlavano di grandi catastrofi ambientate nel 2020, era una data lontana, era il futuro, era cifra tonda, suonava bene la pronuncia, una data perfetta per qualsiasi storia ambientata nel futuro, il 2020 è talmente futuro che lo sarà anche nel 2030.
Se nel 1994 mi aveste detto che nel 2020 ci sarebbero state le macchine volanti vi avrei creduto tranquillamente.
Ovviamente i soldi prestati per la droga non li rividi MAI.

Nel 1997 M. mi disse che non era sicuro di prendere la patente perché di lì a poco ci sarebbero state le macchine volanti e avrebbe sicuramente ridovuto frequentare la scuola guida per cui era indeciso se aspettare e fare tutto in una volta o prenderla subito e guidare la sua Fiat Uno a terra.
Una sera, era il suo diciannovesimo compleanno, all’apice della spensieratezza e del divertimento si incupì dentro quella Fiat Uno e disse: “Lunedì cosa racconto all’assitente sociale se mi chiede cosa ho fatto per il compleanno? Non posso dirle che ho preso un cartone e mi sono divertito tantissimo, devo cercare di fare in modo che mi immagini festeggiare con un cappellino a punta e le trombette” e lo disse mimando tra pollice e indice appoggiati alle labbra il suono di una trombetta immaginaria, di quelle in carta che si suonano ai compleanni dei bambini nei telefilm americani, lo fece così bene che in quella macchina la vedemmo tutti e tre quella sua trombetta immaginaria, anche l’unico a non avere preso LSD.
Non volevo che quel cartone si trasformasse in un incubo e che mi entrasse in loop con la storia del compleanno, le trombette e l’assistente sociale del SERT, anzi, lo guardai e annuii come a dirgli che mi sembrava un’ottima idea, accantonò il pensiero del Lunedì e riprendemmo a festeggiare.
Il 21 Aprile è la data della fondazione di Roma.
Il 21 Aprile sono nati Iggy Pop e Robert Smith.
il 20 Aprile Hitler, mancato per un giorno.
Ma il 21 è accaduto qualche cosa di molto più importante: la sera del 21 Aprile del 1963 in Basilicata alle pendici del monte Vulture l’entomologo altoatesino Federico Hartig scoprì l’esistenza della Acanthobrahmaea europaea, un lepidottero mai osservato in precendeza.
Il monte Vulture è un vulcano che si è spento centinaia di migliaia di anni fa, all’interno di quello che era il suo doppio cratere si sono formati due laghi gemelli, i laghi di Monticchio, tutto attorno c’è una foltissima vegetazione e un microclima particolarissimo.
Nei boschi che circondano i due laghi è presente il Frassino meridionale, pianta che con le sue foglie nutre i bruchi di Acanthobrahmaea europaea, gli esemplari adulti di questa specie volano nelle ore serali nel periodo compreso tra Marzo e Aprile.

Fu per caso se Federico Hertig si recò in quella zona particolare in quel preciso periodo dell’anno: una sera un esemplare adulto si posò ai suoi piedi e gli fu subito chiaro che era davanti a qualche cosa di mai visto prima.
Era la sera del 21 Aprile del 1963.
Quello che scoprì poi studiando gli esemplari di questa specie, in particolare modo osservandone la disposizione delle venature radiali sulle ali, è che sono arrivate direttamente ai giorni nostri dall’ultima glaciazione, sono esemplari rimasti immutati dal Miocene, qualcosa come 25 milioni di anni fa!
Non c’è da stupirsi se una farfalla dai colori tenui su scala del marrone, che si mimetizza perfettamente sulla corteccia di quell’unico albero in grado di nutrirne i suoi bruchi, il Frassino meridionale presente in gran numero sulle sponde di un doppio lago vulcanico dal microclima particolare, che vola solo nelle prime ore serali e solo tra i mesi di Marzo e Aprile, non sia stata scoperta prima di quella sera del 21 Aprile del 1963 da un entomologo altoatesino sceso in avanscoperta in Basilicata, una farfalla presente in quel territorio dal Miocene, 25 milioni di anni, il lepidottero più antico d’Europa, chissà quante volte un bambino del posto ne avrà catturata una prima di quel momento, chissà quante volte un adulto ne avrà schiacciata una entrata in casa attirata dalla luce, semplicemente fino a quel momento e immagino anche oggi l’avranno chiamata farfalla.

Quella sera del 21 Aprile del 1963 Acanthobrahmaea europaea stanca di essere chiamata solo farfalla e in cerca del riconoscimento che le era assolutamente dovuto per essere sopravissuta così come è sempre stata dal Miocene ad oggi si gettò tra le braccia di quell’entomolgo altoatesino per ricevere il riconoscimento che si meritava: un nome scientifico e l’istituzione di un parco naturale per preservarne la sua perfezione PER SEMPRE.
Qualche giorno fa ho sentito B. e mi ha scritto: “Succede anche a te che TUTTE LE EX ti mandino mail, chat, telefonate? Cioè, MENTRE MUORE L’UMANITÀ si preoccupano CHE TU MUOIA, se morivi DA SOLO non gli fregava un cazzo”.
E in effetti sì, sta succedendo anche a me in questi giorni di reclusione e sarà successo anche a molti di voi, ma credo che la differenza dal solito non sta come ha detto B. che questa volta non siamo gli unici a rischiare di morire, la differenza sta che anche loro potrebbero morire e magari hanno voglia di sentire un professionista della cosa.
Una volta ebbi delle terribili emorroidi, scrissi a un amico che non sentivo da anni solo perché ricordavo che molto tempo fa si operò di emorroidi in seguito a una forte anemia dopo aver cacato sangue per mesi.
Oggi la regione Lombardia ha inserito l’obbligo di portare la mascherina per uscire di casa, obbligo di mascherina quando le mascherine non si trovano o costano un patrimonio, dice poco male: se non l’avete va bene anche una sciarpa, un foulard o qualsiasi cosa atta a trasformarvi in assalitori di carovane nel vecchio west.
Oggi c’erano 20 gradi fuori, credo sia poco comodo portare una sciarpa davanti a bocca e naso in queste condizioni, lo trovo anche imbarazzante.

Mi è tornato in mente che da bambino, per essere precisi nel 1984, ci fu una recita di Natale in cui ogni classe dell’asilo si vestiva da abitante di un determinato paese per andare a fare visita a Gesù bambino.
La mia classe era la Scozia.
L’idea di dovere sfilare in gonna e calzamaglia mi metteva enormemente a disagio (chiariamo subito che la cosa oggi non mi creerebbe alcun problema) mi rifiutai, mi impuntai a tal punto che mi vestii da giapponese, la mia classe intera era la Scozia, io da solo ero il Giappone intero, tutto questo per l’imbarazzo.
Oggi, per l’imbarazzo di non volere uscire a fare spesa con una sciarpa davanti a bocca e naso mi lascerò morire di fame.
Come stai?
Mi vergogno a dirlo ma mai stato meglio.
Zero ansia, zero depressione, almeno per il momento, mai accaduto per così tanto tempo.
Se non fosse per i morti e per il disastro economico che seguirà, a cui non cerco di pensare altrimenti ci si ammala prima ancora di ammalarsi, ci metterei la firma su sta situazione: no stress, no senso di colpa per i miei fallimenti, sparito il senso di inadeguatezza, anzi, tutte quelle cose che nel mondo pre pandemia erano le mie debolezze in questo nuovo mondo sono diventati punti di forza, di certo non è e non sarà la prima volta che passo più di un mese in casa da solo senza vedere nessuno, gli altri hanno perso la testa: dopo soli due giorni cantavano nei terrazzi, poi pian piano gli è scesa ed è salita la depressione e ora se ne stanno in rispettoso silenzio.
Com’è vivere un mese della mia vita? Soli in casa e con il rischio di morire che lo so che prima o poi moriremo tutti ma in questo caso un po’ di più.
Siamo farfalle dal passato glorioso ma dal futuro incerto, è forse l’ora di cambiare. AUGURI
Ciro Fanelli è pittore, illustratore, tatuatore e scrittore. I suoi lavori sono apparsi su “La Lettura – Corriere della Sera”, “Vice”, “Esquire” e altre prestigiose riviste europee e giapponesi. Ha pubblicato Pinocchio e Les corbeaux pleurent la merde per Le Dernier Cri (Marsiglia,FR), per Rizzoli Lizard ha pubblicato Nel bosco del nostro splendore.