Tenet è il Jobs Act.tcA sboJ li è teneT

Con il Jobs Act sono stati stanziati moltissimi fondi per fare in modo che le imprese assumessero a tempo indeterminato; ma lo stesso Jobs Act prevedeva la possibilità da parte del datore di lavoro di licenziare senza giusta causa.
In Tenet, il titolo e diversi nomi di personaggi, luoghi ed organizzazioni citati sono ispirati all’enigmatica iscrizione palindroma in latino del quadrato del Sator. Inoltre, la parola “tenet” in lingua inglese ha il significato di “dottrina” e “dogma”, e può essere intesa anche come un riferimento palindromico al numero dieci (“ten” in inglese), il quale è ricorrente nella pellicola.

Il quoziente intellettivo dei creatori del Jobs Act non è tra i più alti – basti considerare l’ideazione del Jobs Act stesso.
La psicologia dei personaggi di Tenet è ideata prendendo a modello quella degli esponenti del PD.

Il Jobs Act prometteva una vita in cui tutti sono ricchi, belli, intelligenti e capaci di cambiare il mondo.
I personaggi di Tenet sono ricchi, belli, intelligenti e proprio perché le parti dei due protagonisti, John David Washington e Robert Pattinson, prevedono che siano fotomodelli, poliziotti, maestri di stile, piloti di automobili veloci, maestri di arti marziali, chimici, medici, fisici nucleari, artificieri e persone estremamente colte che spaziano dall’arte alla storia, dall’economia alla fusione molecolare, dalla grammatica a ovviamente la filosofia, riescono a salvare il mondo.

Con il Jobs Act abbiamo iniziato a vivere una vita costantemente in tensione. Facciamo dieci colloqui al giorno, ma alla fine abbiamo capito che è tutto inutile perché dietro alle offerte di ognuno di questi c’è solo fuffa, quindi la tensione svanisce.
In Tenet la tensione vorrebbe essere continua, ma passati i dieci minuti della bella scena iniziale, capiamo che anche qui c’è solo fuffa, quindi la tensione svanisce.

Il Jobs Act promuoveva uno stile di vita iper-capitalistico, incentrato sull’American way of life.
In Tenet ogni cosa è fatta da ricchi e fruita da ricchi. A un certo punto il buono e il cattivo si incontrano a una cena per discutere. Ma al buono non sta bene discutere lì, allora il cattivo decide che il giorno dopo discuteranno durante una regata tra imbarcazioni a vela…

Il Jobs Act, in quanto fuffa, deve fondare le sue basi argomentative su banalità e promesse che richiamano a stili di vita esotici e ambigui.
In Tenet abbondano i riferimenti al caso, alla razionalità (!!!) e anche al fatto che la vita sia in sostanza solo un modo di percepire la realtà.

Come già detto, con il Jobs Act furono stanziati molti fondi per fare diverse cose, tutte insussistenti.
In Tenet, Christoper Nolan, che è il regista, sceneggiatore e produttore del film, ha usato parte del budget del film (205 milioni di dollari) per comprare un Boeing e farlo schiantare contro un edificio: assurdamente, la scena dell’impatto è moscissima.

Il Jobs Act auspicava un mondo di integrazione e di valori tanto vaghi quanto nobili, come ad esempio l’ambientalismo.
In Tenet il protagonista è John David Washington – così almeno Nolan ha messo la sua quota e sta sicuro con le nuove regole che entreranno in vigore già per i prossimi Oscar. Nel film la futura razza umana vuole impossessarsi dell’arma del cattivo per mitigare l’impatto del riscaldamento globale.

Il Jobs Act prendeva spunto da una legge statunitense, promulgata durante la presidenza di Barack Obama nel corso del 2011.
In Tenet gli americani sono buoni e i russi sono cattivi.

Il Jobs Act era sostanzialmente un modo per tenere in piedi le ricche imprese italiane.
Tenet è pieno di sponsor provenienti dai più disparati ambiti del lusso: dalle auto tedesche agli yacht, dall’alta moda all’orologeria.

Il Jobs Act era una cosa che pensavi “ma che cazzo è? Perché esisto nello stesso periodo in cui è stata promulgata sta roba?”.
Tenet è un film che ti fa pensare “ma che cazzo è? Perché ho speso € 6,50 per vedere sta merda e stare due ore e mezza con la mascherina?”.


Riccardo Papacci è co-fondatore e CEO di Droga. Ha scritto un libro (Elettronica Hi-Tech. Introduzione alla musica del futuro) e ne ha in cantiere un altro. Collabora con diverse riviste, tra cui Not, Il Tascabile, Esquire Italia, Noisey, L’Indiscreto, Dude Mag.