L’opera visuale autechriana.

Bene ragazzi, questa Autechre’s Week sembra dare i suoi frutti, comincio ad avere difficoltà di comunicazione, nell’utilizzare quelle che sono le consuete caratteristiche umane: il linguaggio classico non ha affatto senso, la smaterializzazione di tutti noi in questi giorni porta chiaramente a vivere una vita che è praticamente a prova di Autechre, e noi fortunatamente, avvezzi al loro messaggio intracosmico e i/mmateriale, siamo pronti ad accoglierla e accoglierlo. Anche perché, siccome oramai abbiamo gli occhi secchi a furia di guardare nel virtuale, c’è un elemento importantissimo nel loro progetto che è spesso messo da parte a favore della parte sonora che è ora di mettere in primo piano: cioè l’ elemento visuale. Non ci riferiamo solo alle copertine dei loro dischi, peraltro fondamentali a livello di scoppiezza (tanto che a volte quando senti i brani su Youtube confondi facilmente lo still della copertina come il video ufficiale), ma proprio all’aspetto “cinematografico”. Che gli Autechre pensino ai video musicali come a qualcosa di solo e meramente promozionale è ovviamente lontano dall’orizzonte della logica: i nostri eroi li concepiscono esattamente come appendice ai loro esperimenti sonori esplodofuturibili. Essendo la loro una musica che stimola i superviaggioni, nella mente evocano scenari e forme difficilmente riproducibili, ma talvolta escono dalla mente di ciascuno di noi e si materializzano su pellicola. In pratica questi video rappresentano come lo scheletro dell’immaginario che ognuno di noi ha del brano: intorno a loro si può comporre una rete molto più complessa che è praticamente olografica. Tant’è che molti si dimenticano della loro esistenza, proprio perché non prevaricano la forza evocativa dei brani ma anzi, la liberano, tanto che gli oggetti creati da tale forza ve li ritrovate nei vostri ambienti preferiti (anche sul comodino o sul tavolino davanti al cesso) come se uscissero dallo schermo e vivessero nella vostra stringa. E allora vediamo un po’ che succede negli occhi (quello destro quello sinistro e quello al centro) degli Autechre.

BASS CADET (1994)

Il primo video degli Autechre, diretto da Jess Scott Hunter, è tratto dal loro primo disco Incunabula (ma in realtà qui come traccia si usa “Bcdtmix”, un remix contenuto nel Basscad Ep) in cui ancora c’è un forte retaggio techno-ambient che lo rende pressoché adatto a tutti i palati. Il regista quindi si situa trasversalmente tra gli immaginari alla 20000 leghe sotto i mari, sondando lo spazio marziano sottomarino con i suoi misteri e meraviglie, creando un ambiente oceanico virtuale e concentrandosi su un misterioso relitto/ sonda aliena meccanica in viaggio. Creature di un altro pianeta che sembrano cloni di normali forme di vita animale quali granchi e similia ricordano il mito delle astronavi biologiche, dei globster. Ma biologico sembra anche lo stesso strano ambiente in cui si muovono, un cratere di pianeta che sembra un cuore / scatola pulsante, in cui dei pesci digitali nuotano nascondendosi in fessure 3D. Fondali che sembrano fatti di ossa di cranio, in cui lo scambio tra forme di vita apparentemente contrastanti tra il respiro e il non respiro diventa il moto in cui si muove il creato tutto. Creato che è dentro, fuori, sopra e sotto, si nasconde e appare improvvisamente, mimetico come i sassi maculati/ sonde spaziali che attraversano mari digitali sterminati alla ricerca di campioni da analizzare: quelli della mente. Quella di silicio, artificiale, e la nostra fatta di solchi cerebrali organici. Che poi forse tanto diverse non sono, è qui il bello.

SECOND BAD VIBEL (1996)

La regia del gajardo Chris Cunningam (praticamente il video maker della Warp per eccellenza, autore anche dell’epocale “Come To Daddy” di Aphex Twin) traduce questo pezzone presente nell’altrettanto enorme Anvil Vapre come una lotta senza esclusione di colpi tra trasformazioni d’impatto. C’è l’algida freddezza inorganica della macchina, la gelatina fredda anch’essa – ma organica – dell’alieno, c’è il freddo della proiezione virtuale e c’è il calore del creatore di tutte e tre, il deus ex machina che con sguardo astratto e radioattivo sbatte le sue frequenze vitali come ciglia, col fuoco di Prometeo in mano. L’interazione finale di queste creature è l’acqua: non possiamo sapere quale sia la sua temperatura, ma è l’elemento primario di cui è fatto l’uomo e  sottende l’ennesima trasformazione in atto che comporta un ibrido, una variabile inaspettata in pieno sviluppo tra organico e inorganico come suggeriscono gli ultimi sfocati fotogrammi. Il video si chiude quindi con questa suspense, con la sensazione di essere stati bombardati da catene di DNA piuttosto che da immagini: tanto che forse il risultato finale dell’esperimento siamo proprio noi. Di questo video esiste anche una long version re editata da Cunningam nel 2002, che senza dubbio ha ispirato (ma dire ispirato è fin troppo buonista, diciamo siamo al plagio) i video post robotici di Bloom e di Amnesia Scanner che verranno.

GANTZ GRAF (2002)

Come dicevamo, gli Autechre non hanno nessun interesse a fare si che i loro video abbiano una consequenzialità logica: o meglio, la logica è nel sentimento, inteso come aderenza a pelle a un input extraverbale, che fa sbocciare le emozioni come le scansioni le immagini con i codici Qr.  E ovviamente uno dei fattori che scatenano sentimenti / visioni/ rivelazioni sono le droghe psichedeliche. Ecco, se vogliamo dirla tutta gli Autechre sono i paladini di paradisi artificiali che dalle orecchie arrivano al resto: ecco perché il regista del video di “Gantz Graf”, ovvero il bravo Alex Rutterford, ha pensato bene di imbottirsi di LSD prima di mettersi all’opera. E ovviamente parliamo di un video incredibile, che è un esplosione di gusto per gli occhi il cervello e qualsiasi cosa, è l’astrattismo puro che diventa spazio tempo e buca le dimensioni. Il brano è senza dubbio uno dei picchi dell’estremismo autechriano e l’ep è chiaramente uno dei miei preferiti della vita: con la grandissima caratteristica – comune anche ad altre opere dei nostri – che funziona a qualsiasi velocità sia posto sul piatto. “Gantz Graf” è come una ramanzina al futurismo, è il giovane velocista colto che rimprovera i matusa ancora appresso agli intonarumori: e allo stesso modo Rutterford fa un cazziatone ai facili tricks digitali dei registi dell’ultima ora. Altro che affidarsi alla macchina, tutto quello che vedete nel video è sincronizzato a mano, niente è generativo, l’uomo si sostituisce all’automa amplificando a dismisura il senso cosmico di perfezione che si fa carne, luce, nulla, tutto. Un must da vedere e rivedere fino alla perdita dei sensi ( comuni, ovviamente).

FERMIUM (2005)

Video stranamente poco conosciuto e relativamente fantasma nelle varie piattaforme, forse è quello che sorprende di più perché per la prima volta vede due figure umane protagoniste assolute dell’immaginario autechriano. E sono, particolare non da poco, due ragazze. Ma la questione reale è: sono davvero due esseri umani queste due ragazze che passano il tempo a fare cose senza senso logico? E perché il video inizia mentre fuggono come inseguite dal male in persona per poi girarsi verso la camera e immergersi in una spensieratezza priva di criterio e freno? Sono forse l’alter ego stesso degli Autechre?  Passano ambiente dopo ambiente in situazioni tra il frivolo e lo psichedelico, dal mettere la benzina a farsi un pic nic, dal darsi a lazzi in riva al mare fino a sedersi al bar in pieno design anni sessanta, addirittura si fanno il bagno nella vasca insieme. Tutto bellissimo nel suo vitalismo sfrenato, ma la musica sottende però qualcos’altro, qualcosa di inquietante che deriva proprio dal titolo stesso della canzone (l’elemento sintetico fu scoperto nei detriti dell’espolosione della prima bomba all’idrogeno nel 1952, il nome datogli da Enrico Fermi), canzone che manco a dirlo è una delle mie preferite in assoluto del duo. In realtà il video di “Fermium” s’ispira a un grandissimo capolavoro della psichedelia cecoslovacca, Daisies di Vera Chytilova, in cui si porta all’estremo il concetto di liberazione da qualsisi tipo di legge, anche quella fisica: nel film, avanti di tremila anni, le due protagoniste si danno ad atti surrealisti senza limiti, la fotografia è spaziale, gli effetti visivi quasi in linea con l’estetica Warp, gli stop motion sono vicini all’idea di macchina senziente cara al duo. Ma il video si concentra più sui comportamenti delle due ragazze che riempiono un vuoto cosmico che sembra far capolino minaccioso alla fine, dove esse trasformano tosto una risata vitale in una smorfia da angosciante buco nero psichico. I due estremi della poetica Autechriana insomma, che ovviamente s’incontrano: la regista e attrice Nancy Mitchell riesce a mostrare efficacemente (ribaltando il concetto) come le intelligenze umane e quelle artificiali non siano così differenti nelle loro vite senza scopo tangibile, anzi. Il mondo evocato musicalmente dagli Autechre è quello che ci scorre dentro, dalle vene alle cellule ma soprattutto dalla loro assenza. Postato sulla pagina Myspace dagli stessi Autechre nel periodo della sua uscita, nessuno ha ancora capito se si tratti di un video ufficiale o meno, cosa che rende il tutto ancora più misterioso e allucinante. Ma la roba misteriosa e allucinante a livello di videoclip deve ancora arrivare.

444 (2018)

Quando poi ti siedi e dici: vabe ok gli Autechre saranno anche certosini nei video ma quelli che hanno fatto uscire si contano sulle dita della mano, ecco che improvvisamente ti giocano il trick. Nel 2018 all’uscita di quel mattone joyciano di abstract elettronica che è NTS Sessions ti fanno uscire 444 video per un totale di tredici ore di visione. 444 video a stecca postati su un account Youtube segreto che si sono autodistrutti alla velocità della luce, una mossa meravigliosa in un’era in cui l’occhio e tutto e il resto (cervello in primis) è atrofizzato, una sorta di presa di posizione che sa di antisistema come lo era l’Anti Ep (una protesta contro il Criminal Justice and Public Order Act che proibiva i rave in quanto successione di ritmi ripetitivi, basata sul mettere tutte insieme quante più battute possibili sulla drum machine). Ispirandosi forse alla sequenza dei sogni di 2001 odissea nello spazio, i nostri generano cambi cromatici a mazzetta su patches sonore di chiaro marchio Ae, come in una continua fase rem in cui non è chiaro se è il suono a proiettare colore o il colore a proiettare suono. C’è chi ha ipotizzato un riferimento al William Gibson di Pattern Recognition o alle opere di Hiroshi Sugimoto, ma probabilmente gli Autechre non avevano in mente altro che il puro esperimento privo di riferimenti che poi giocoforza rimanda immediatamente a qualsiasi cosa uno voglia pensare.  Di questo pachidermico materiale (con video di durate varie) c’è rimasto solo questo documento postato qua sopra. Incredibile ma vero, sembra l’esame del sangue di un alieno.

I VIDEO NON UFFICIALI

La cosa interessante di quest’atteggiamento degli Autechre è che i fan invece scalpitano per vedere delle opere video allucinogene e spaccatone dai due inglesi, farebbero carte false. Questo provoca quello che potremmo chiamare “effetto Yellow Submarine”: ovvero, la gente si mette a immaginare i video dei brani degli Autechre, li realizza e li posta a mazzetta. E gli Autechre stessi non si oppongono all’uso della loro musica. Come i Beatles non facevano altro che farsi vedere ogni tanto negli studios durante la lavorazione del celebre film animato, gli Autechre sono direttamente fantasmatici: per il resto le due band sono accomunate nel dare carta bianca. Il quartetto di Liverpool, solo nella loro esistenza in quanto icone, erano l’ ispirazione per un’opera capolavoro di cui loro erano autori subconsci, una cosa chiaramente assurda ma tipica dei Beatles. Ecco, per gli Autechre è quasi la stessa cosa: una miriade di videomaker si prodigano a cercare di interpretare in maniera maniacale la musica dei loro beniamini, portando all’estremo le loro possibilità estetiche. E la differenza con i Beatles è che se lì c’era una produzione che pagava, qui invece tutti lo fanno gratis, come se fosse una questione fisiologica, di vita o di morte. Chiaro messaggio che per gli Autechre (seguendo la tradizione di Cage e compagnia bella) il vero compositore è chi ascolta. Basta cercare “Autechre videos” su Youtube, e a proposito di composizioni visive ne vedrete delle belle.

La lezione di questa carrellata sull’opera visuale autechriana è una sola: che l’astrattezza è il concreto, il caos è vita, l’immaginazione basta a sé stessa, l’occhio vede solo quello che non c’è. C’è da fare tesoro di questo prezioso insegnamento in questo periodo storico in cui ripensarsi è la chiave di tutto. Perché fondamentalmente quando ci guardiamo allo specchio siamo come un remix degli Ae: o come una loro copertina storta.

Dall’astrattezza si crea il concreto.


Demented Burrocacao è co-fondatore e CEO di Droga. Conduce Italian Folgorati per Vice, ha pubblicato, tra gli altri, l’album psichedelico Shell a nome Trapcoustic. Il suo libro Si trasforma in un razzo missile è recentemente uscito per Rizzoli Lizard.