La posta in gioco.

“L’individuo si sottomette alla società e quest’atto di sottomissione è la condizione della sua liberazione. Per l’uomo la libertà consiste nella liberazione da forze fisiche cieche e irriflessive; egli ottiene ciò opponendo a queste la grande e intelligente forza della società, sotto la cui protezione si rifugia. Ponendosi sotto l’ala della società egli si trova, in un certo senso, a dipendere da essa. Ma si tratta di una dipendenza liberatoria.”

Émile Durkheim da
Selected Writings, trad. inglese, Cambridge University Press, Cambridge 1972

Nel lungo periodo in cui lavoravo come portiere di notte in hotel a Firenze capitai (grazie alla preziosa noia di quelle notti) nel mondo dei video non nominati sui motori di ricerca in internet.
Passavo le mie ore a scrivere nei motori di ricerca i codici generati automaticamente dai “device” di registrazione video. Intere nottate a viaggiare in un libro infinito ed imprevedibile.
Il metodo di ricerca dei video era puramente casuale [scrivevo mvi seguito da quattro numeri (mvi0393)] ed era casuale anche il video che arrivava. Un gioco umano, una sorta d’azzardo curioso dal quale era difficile uscire, più ne vedevo più mi trovavo a vederne altri.
Iniziai a catalogare i video che trovavo; famiglia, sport, natura, oggetti, vendita, ossessivo compulsivi, esercizi, ecc…
Era meraviglioso.
Mi accorsi che i video si ripetevano sia nei soggetti che nel modo in cui erano fatti. Nei video di “famiglia” mi accorsi di come le riprese fossero identiche in qualsiasi parte del mondo.
In america latina o in giappone i bambini filmati erano filmati nello stesso identico modo, i canali youtube erano identici. Sessanta video di un canale che raccontavano la storia del primo anno di vita di un bambino erano identici sia che fatti in siria che se fatti in italia, la differenza stava ovviamente nell’ambiente e nella lingua.
Il cameraman sembrava sempre lo stesso, i codici di archiviazione erano differenti ma erano identici.
Questi video mi sembravano un apocalisse d’umanità, il mezzo era una semplice mano che accarezzava la realtà così come l’azione di non nominare i video.
Ogni posto del mondo grazie ad una ripresa diventava lo stesso,
svincolandolo da regole territoriali e di folklore, una ripresa con un cellulare una macchina fotografica rendeva tutti individui di una stessa cultura, la cultura umana.
I creatori di questi video in alcuni casi probabilmente non sanno neanche di averli caricati in internet.
Molte macchine fotografiche automaticamente caricano su youtube.
Questa ignoranza è per me libertà.
Per me questi video “innominati” sono la parte migliore dell’essere umano, sono arte pura, sono vita senza compromessi, sono il viaggio nell’umanità più incredibile che mi sia mai capitato di fare, sono la connessione inconsapevole tra individuo e individuo, sono la magia contemporanea che permette di leggere le parti più antiche dell’umano grazie ad un mezzo moderno (a sua volta magico) “la macchina che fa i video” del quale non conosciamo il funzionamento se non nel risultato ovvero l’atto di ricordare.

La parte che ho interiorizzato di più nel raccontare e nell’analizzare è la posta in gioco, quella parte che ci permette di portare avanti una conversazione, un modello, un’ideologia.

Questi video raccontano per me l’idea della posta in gioco, non è tanto il risultato ma l’intenzione di un risultato, cos’è la forza che casualmente mi fa schiacciare quattro numeri preceduti dalla sigla mvi?
Che cosa spinge un individuo a caricare un video cioè una parte della sua vita in un programma e non intitolare questo pezzo di vita? Come mai non inserire una didascalia e lasciare a un codice di indicizzare quell’azione?

Questo piccolo saggio risponde a queste domande senza tenerne conto.

7/4/2019 Firenze, Italia
Giacomo Laser


Giacomo Laser poeta nato a Ivrea. Si occupa del tempo e della schiavitù nel corpo di un bel ragazzo. Dio del sole/Eliogabalo riceve solo su appuntamento per te anima giudiziosa. Lo trovate ma poi non più.