Persefone sta facendo sesso all’inferno.

Persefone sta facendo sesso all’inferno.
A differenza di tutti noi, lei non sa
cosa sia l’inverno, solo che
lei ne è la causa.

Nel libro Averno di Louise Glück, vincitrice del premio Nobel per la letteratura 2020, mi imbatto nella sezione dedicata a Persefone l’errante, e non posso fare a meno di rimanere incantato da questi versi. Improvvisamente, come una epifania, racchiudo istantaneamente in una immagine la densità della contro violenza, del virus della postmodernità di cui scrive Jean Baudrillard. Abolita la distanza, anzi, ripristinata causa pandemia (o sindemia, come sarebbe più corretto chiamarla), l’oscenità della comunicazione, la vera pornografia, rovescia più aggressivamente che mai la propria carica, confiscando la realtà e i suoi residui. Immersi nel flusso della violenza delle immagini, non distinguiamo più la realtà dalla finzione. Un tempo nelle cronache dei giornali imperversavano le notizie sul terrorismo, introducendo nell’ordine degli eventi, quella giusta distorsione dall’ordinario, dalla normalità, funzionale alla deviazione del Male, generando una forma di terrore preventivo, a prescindere.

La purificazione della realtà, dove più niente può aver luogo, perché preventivato e, se compreso fuori dagli schemi, epurato… il Bene diviene la locomotiva verso il Male, come in una circonvoluzione del Male verso il Male, ma passando per il Bene. Una purificazione che deve avvenire sotto il segno del Bene, e tutto ciò che vi osa resistergli, è trasformato automaticamente in terrorista, indisciplinato, perché no, in furbetto… d’altronde anche le catastrofe naturali sono comprese in questo percorso. L’instaurazione di un contro-terrore generalizzato su scala mondiale si è sviluppato esponenzialmente: «è il Male assoluto che nasce paradossalmente dal tentativo di sradicarlo». Che cosa resta della politica? Oggi, il potere ha esaurito la forma della rappresentanza, non rappresenta più nessuno… anzi, no, sbagliato! Rappresenta nient’altro che se stesso.

Le vecchie nozioni di capitalismo, capitale, sono obsolete a fronte dei flussi finanziari e della speculazione internazionale, tutto questo trascende completamente le leggi del mercato. Il capitale realizza il suo valore e lo dissolve allo stesso tempo. Alla guida del terribile assalto alla Casa Bianca, lo sciamano Jake Angeli, lo stesso che richiede cibo biologico per la sua permanenza in carcere, si fa spettatore di se stesso, e noi con lui. La società dello spettacolo di Debord non esiste più, perché la condizione per la sua esistenza è che ci siano degli spettatori a guardare gli attori, ma oggi questa distanza è stata abolita. Jake Angeli come Arnold Schwarzenegger, quando era stato eletto governatore della California: cosa resta della politica, quando questa è ridotta a un gioco di idoli, simulacri, e di marketing? Il potere si ottiene con l’immagine, e la sua violenza ritornerà impetuosa. L’oscenità radicale, l’empietà totale di un popolo “religioso”, come quello americano, faro e modello per tutto il mondo, noi ce la godiamo: un universo ridotto «al grado zero della cultura». La maschera dell’America ci è stata imposta, e sfiliamo come a carnevale con gli stessi suoi costumi. Il potere è stato carnevalizzato. Tutto il mondo deve essere plasmato sul suo unico modello, economico e tecnologico, e dal suo principio supremo di razionalità tecnica.

Cosa resta della storia, se non la ripetizione di una farsa? In fondo contro cosa si rivoltava Stephen Dedalus nell’Ulisse? La simulazione di tutti i valori, gli stessi di cui i rappresentanti dei Diritti dell’Uomo giustificano esportazioni forzate di pace nei territori non ancora occidentalizzati, ha portato ad una seconda caduta dell’uomo, e la storia viene prolungata rinviando continuamente la sua fine (a dispetto di Fukuyama). Alla violenza unilaterale del potere, quella del più forte, di chi tira fuori i muscoli, si impone un’altra violenza più sottile, quella della dissuasione, della neutralizzazione, del controllo violento del consenso e della sua convivenza forzata. Alimentando una vera e propria chirurgia estetica del sociale.

Come rispondiamo a questa violenza? Con l’odio, come Lou X.

Il concetto cardine dei nostri tempi è quello di virulenza, di violenza virale, e questa opera per contiguità, per contagio, come in una reazione a catena, dove, gradualmente, perdiamo le nostre immunità. La realtà perde la propria sostanza attraverso l’apparizione della realtà stessa, con la violenza dell’immagine, che si impone sul mondo come le ombre nella caverna del mito di Platone, causando l’insignificanza: la vera oscenità contemporanea.

Più immagini assorbiamo, e più Realtà sparisce. Come nel Grande Fratello, dove si realizza compiutamente la profezia orwelliana del mito della visibilità poliziesca totale, dove tutto è mostrato e, proprio per questo, non rimane più nulla da vedere. Ci inventiamo, come i suoi concorrenti, una socialità virtuale, comprovando la scomparsa dell’altro. Lo spettacolo della banalità, il vero porno odierno, ci conduce nel suo vortice di piattezza e nullità, parodiando il Teatro della crudeltà di Antonin Artaud. La profusione di immagini in tempo reale annulla la distanza, la stessa che è condizione per un giudizio critico, “distanza” che è funzionale alla rappresentazione di un evento e, di conseguenza, a od ogni pensiero critico. La realtà integrale, in cui tutto si confonde mediante il collage e la sovrapposizione con la propria immagine, ci ha portato all’interno del circuito del meccanismo senza via di uscita: «non facciamo più nulla senza vederci mentre lo facciamo». Esattamente come nel mito di Euridice: viviamo la stessa condizione del poeta Orfeo, disceso nell’Ade per riprendere la sua amata, a patto di non girarsi mai per guardarla. Incapaci di non girarci, sprofondiamo Euridice nuovamente negli inferi. Come il traffico di immagini a cui siamo sovraesposti ha sviluppato in tutti noi «un’immensa indifferenza nei confronti del mondo reale».


Omar Suboh, è laureato in Filosofia sui temi della Storia delle Idee e della Cultura nell’ambito della Filosofia moderna. Collaboratore con la cattedra di Storia della Filosofia moderna all’Università degli Studi di Cagliari, ha inoltre scritto per «il manifesto» e per il periodico di cinema «Diari di cineclub». Scrive per «il manifesto sardo» sui temi della politica estera con particolare riguardo alla questione palestinese. Membro attivo e organizzatore di eventi per la diffusione della cultura araba e palestinese con la comunità palestinese in Sardegna. Ha pubblicato due mixtape, Aporia ed Apolide, autoprodotti nell’ambito del genere rap col nome diem.dedalus.