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Iniziamo proprio dal nome: Perché Lametia? In Italia viene spontaneo associarlo a un luogo di villeggiatura calabrese… come è nata l’ idea della band?
Camilo: L’idea nasce da una variazione di un nome tipico delle storie folkloriche argentine “Lamedia”. Uno stregone, non si è mai capito bene se fosse guaranì o mapuche, che camminava tra i diversi territori nativi, una persona che ha messo in contatto i nativi con i migranti europei. Si racconta che aveva una sorta di alter ego / amico, con cui ha il primo di questi contatti, chiamato Ermilo Cardo. Da lì inizia tutta un’alterazione filosofica e di scambio culturale. Noi abbiamo ripreso questo nome e queste storie, anche perché io sono argentino e prendo questi spunti, rivendicando la presenza di questo stregone nella società moderna.
I diari di Ermilo Cardo hanno ispirato molto i nostri primi live, le sue etnografie che l’hanno reso conosciuto nella trasmissione orale nella patagonia argentina sono state come delle mappe immaginarie che abbiamo percorso improvvisando o ritrovato riascoltando cosa facevamo. Lamezia non c’entra niente, senza offerendere.
Marcello: per me è stato comunque un sogno suonare a Lamezia.
Adriano: anche un incubo, per certi versi… La band non nasce da un’idea, abbiamo iniziato a suonare insieme tra i vari lockdown, sfogando le pulsioni musicali. All’inizio succedeva che iniziavamo un live dalla fine di quello precedente.. come in una storia a puntata – che leggevamo solo noi.
La vostra formazione è molto particolare: contrabbasso chitarra e batteria con inserti di voce e strumenti a fiato. Apparentemente sembrate un ensemble jazz. Avete dei punti di riferimento in questo senso? Qualcuno vede in voi echi del Miles Davis di Filles de Kilimanjaro—
Adriano: il jazz è un misunderstanding, alcune cose lo richiamano, con una certa inettitudine e ironia… alcune atmosfore noir a là Twin Peaks, ma senza nessuna predeterminazione. A me piace molto il free jazz e folk psichedelico francese.
Marcello: nessuno di noi ha mai suonato jazz, solo Camilo per un po’. A me piacciono le canzoni. Penso che quello che facciamo è piuttosto una parodia seria del jazz.
Camilo: Sarebbe come non suonare del jazz, ma non un no jazz.
Le vostre prime uscite erano sull’ etichetta wraawraa , fondata dagli WOW. Band di cui in qualche modo condividete l’ aspetto “fumoso”, i riferimenti al cantautorato esistenziale / malinconico che molti potrebbero definire “noir”. Nello stesso tempo però la forma canzone nel vostro progetto non è centrale. Come intendete la costruzione di un brano?
Adriano: Sì, la prima cassetta in split con Mira è uscita con wraawraa. È la registrazione del nostro primo live in assoluto, confezionato apposta per la serata “Maggie” che saltuariamente si svolge al Fanfulla per supportare la sala prove di cui facciamo parte – e che conosci bene anche tu. Kina e Leo si son presi molto bene quella sera e la cassetta è stato un grande stimolo per continuare. I brani registrati in “Messa Di Voce” sono nati da quelle improvvisazioni in saletta, poi risuonandoli dal vivo e poi di nuovo alle prove e poi di nuovo in sala da Boto hanno continuato a trasformarsi.. e poi erano lì.
Marcello: sono diventati dei brani mentre registravamo il disco, erano tutte delle prime take con poche sovraincisioni.
Come siete arrivati in contatto con la “non piangere dischi”? E come avete vissuto il passaggio nelle sue file?
Ci hanno scritto loro dopo averci visto ad alcuni festival, li ringraziamo molto per il lavoro e il supporto, ma non c’è una produzione del disco vera e propria o un passaggio tra le file. Hanno confezionato una bellssima cassetta con molta cura e il loro contatto ci ha dato una spinta a registrare un il disco.
Se dovessi sintetizzarvi direi che siete il gruppo cover di “separazione naturale” di Battisti solo che aggiungete al drone dell’ originale degli strumenti. Lavorate molto sui vuoti più che sui pieni: è una reazione a questo mondo che nella musica è sempre più massimalista?
Camilo: purtroppo lavoriamo ancora troppo sui pieni rispetto ai vuoti. Non penso sia una reazione, piuttosto una liberazione delle regole musicali. Vivo questo gruppo come un’esperienza dialogale attraverso il suono, fregarcene un po’ delle regole e forme musicali comuni.
Adriano: i vuoti… i pieni… che lasciano dei vuoti. Ci stiamo provando ma è vero che non ci riusciamo ancora abbastanza. Avere dinamica, lasciare abbastanza spazio a chi ascolta e lavorare sui silenzi senza prepotenza è una cosa seria, che apprezzo molto da ascoltatore… per me il massimo esempio sono i Talk Talk e la voce di Mark Hollis che sparisce, fino alla sparizione del gruppo stesso. Dal vivo forse è vero che la forma più quieta e spoglia, con le sue pause. La messa di voce è proprio questo movimento di lenta apparizione degli interventi sonori… ed è quello che è successo anche tra di noi iniziando a suonare…
La genesi dell’album si basa su un concept? Cosa intende con Messa Di Voce?
Camilo: non sono sicuro che l’album si basi su un concept. Messa di voce è un termine usato nella musica classica vocale e anche d’archi, è una sorta di fade in artigianale, senza trucchi. Bisogna entrare con un suono sopra uno preesistente in modo impercettibile. È il modo in cui ci siamo inseriti in questo mondo.
Nei titoli tornano anche le avventure dello stregone Lamedia, alcuni luoghi dove è stato… come la chiacchiera di Gesù nella montagna, lui invece a Calafquen in Cile e CuruLeufu in Patagonia – i nomi dei posti sono nelle lingue native. Il disco è in parte un’imitazione del percorso di questo stregone, un percorso di avvicinamento tra parti diverse… come una messa di voce.
Possiamo considerare i Lametia un supergruppo? Parlateci dei vostri progetti solisti/ paralleli.
Adriano: C’è poco di super… io suono da solo da un po’ di anni, ora con nome-cognome… impiastro suoni con nastri e campionatori.. suonare degli strumenti veri con un gruppo mi fa ancora strippare, ho paura anche a guardare oltre il palco…
Marcello: io suono da anni delle canzoni come Jason La Mecca, ma ho sempre sognato suonare la batteria e riprendere il clarinetto che da 15 anni era dimenticato chissà dove. Con i Lametia imparare a suonare la batteria è stata una scoperta, sono molto legato a questo.
Camilo: io suono principalmente musica classica con varie orchestre ed ensemble italiane, ma sto cercando di allontarmene perché vorrei lasciare la musica come spazio di creazione. Montale diceva che gli piaceva molto dipingere ma non voleva rovinare questa passione trasformandola in un lavoro, questo è quello che mi è successo con la musica. Ora sto provando a intraprendere un percorso di psicologia per lasciare la musica in un ambito più propriamente artistico.
Impossibile parlare dei Lametia senza citare il collettivo Misto Mame, che a tutti gli effetti è la sua casa e che ha da poco compiuto dieci anni. Come vi ha formato militare in un progetto così centrato e ampio?
Marcello: io e Adriano ci siamo conosciuti a Misto Mame, ma direi che l’unica esperienza connessa a quello che facciamo è stata la condivisione della musica nel qui e ora, comporre insieme qualcosa di improvvisato solo perché nell’improvviso, non perché vogliamo fare improvvisazione. Il ritrovo per esplorare qualcosa insieme.
Adriano: nell’appartamento si suonava tanto ma le improvvisazioni erano spesso legate a musica pop decomposta, stramba… forse anche questo nei Lametia si sente, questo aspetto più melodico che ci fa sembrare meno radicali quando finiamo in ambienti di vera improvvisazione free form. Misto Mame ci ha insegnato anche a non saper suonare insieme, poi Camilo era già molto bravo e ora piano piano gli stiamo insegnando a non saper suonare.
Vi sentite più una band da studio o live? Perché in effetti si sente una certa differenza tra le vostre due entità: dal vivo sembrate più “nudi” e probabilmente molto più minimali che nelle registrazioni… avete consapevolezza di questa differenza?
Marcello: non penso sia così diverso, nel disco ci sono giusto un paio di sovraincisioni, ma le registrazioni erano praticamente quello che facevamo dal vivo e sono state fatte in presa diretta, 9 su 10 in buona la prima. Piuttosto credo che ora stiamo cercando di suonare quello stesso materiale ma in maniera differente.
Che ne pensate dell’ attualità musicale underground del paese? Potete farci dei nomi che vi interessano particolarmente e che pensate possano emergere?
Camilo: vogliono farci dire Mira… non lo diciamo.
Marcello: io lo dirò, Mira.
Adriano: l’Italia è destinata a sparire, non c’è niente che valga, auguriamo ai nostri più cari amici di fare successo all’estero per prospettive più rosee.
Marcello: non sono d’accordo
Adriano: vuoi diventare un’icona nazionalpopolare?
Marcello: non mi piacciono le icone
Adriano: Jason La Mecca diventerà un iconoclasta nazionalpopolare….
Adriano: fuori scherzo, intorno a noi è pieno di persone che fanno musica dirompente e meravigliosa, peccato che come al solito non se ne accorge nessuno. Lo sento molto per quanto riguarda l’etichetta di cui faccio parte, Riforma… nonostante pubblichiamo quasi solo artistx (secondo me molto validi) italiani, da queste parti non riceviamo molta attenzione… poco male.
I Lametia sono un progetto che ha intenzione di esaurirsi o invece per il futuro ha delle sorprese? Secondo voi oggigiorno è meglio che la musica sia a breve termine o a lungo?
Camilo: ormai si diventa vecchi in poco tempo, la musica si esaurisce molto rapidamente, nel giro di pochi mesi.
Marcello: per noi mi auguro che sia una gestazione veramente lunga, non perché voglio suonare a lungo, ma proprio per andare in contrasto con questo approccio effimero all’ascolto.
Camilo: penso anche che visto che ognuno di noi ha sempre diversi progetti nella propria vita, anche Lametia può avere uno sviluppo cangiante. Ci siamo riproposti di fare nuove cose. Abbiamo in cantiere tre improvvisazioni acustiche registrate un anno fa che speriamo trovino presto una casa.
Fate un saluto originale ai lettori di Droga.
Forza Roma!
Demented Burrocacao è co-fondatore e CEO di Droga. Conduce Italian Folgorati per Vice, ha pubblicato, tra gli altri, l’album psichedelico Shell a nome Trapcoustic. Tra i suoi libri, Si trasforma in un razzo missile, uscito per Rizzoli Lizard e Italian futuribili, uscito per minimum fax.