Iryna non c’è più

“Iryna dove sei? IRYNAAAAAAAAAAAA!” è il vecchio Giangregorio, mio affezionatissimo vicino di casa, a gridare come un ossesso. Io sono già sveglio ma guardo comunque l’orologio appeso al muro della mia cucina che segna le ore 7:02. Devo ancora fare colazione e lui è già a caccia della sua badante, un’ucraina di quarantacinque anni, altissima, i capelli biondi, lisci, fini, insomma perfetti, con due gambe da sballo, un seno che sfida la forza di gravità e vince senza nessun tipo di problema e un culo marmoreo su cui ci si potrebbero poggiare due o tre bicchieri da cocktail e non cadrebbero mai. Tutte le volte che esce in giardino a stendere i panni del buon Giangregorio, che a ottantasette anni suonati, a detta sua, fa ancora centro, io mi metto in prima fila e mi godo lo spettacolo paradisiaco che questa sensualissima ed arrapante donna dell’est mi regala.

“Iryna, ma dove sei?” grida nuovamente appoggiato al suo bastone. Allora finisco di bere il mio ottimo caffè preparato con tanto amore e decido di uscire a capire perché si stia sgolando tanto.

“Buongiorno Gian. Tutto bene?” esordisco sorridendo ed avvicinandomi a lui. “Sei sempre in forma smagliante anche a quest’ora del mattino eh…Vecchio trapano che non sei altro!” e ci mettiamo a ridere entrambi.

“Io sono sempre attivo e sveglio. Ti ricordo che dopo aver fatto il militare e combattuto…”

“Dopo aver fatto il militare e combattuto la guerra,” lo interrompo divertito “hai fatto il pilota di linea per tutta la vita.” E in effetti i risultati si vedono eccome. La sua casa è grande non so quanti metri quadri, il giardino arriva oltre provincia e potrebbero starci insieme, oltre alla piscina riscaldata già presente che usa con regolarità tutti i giorni per nuotare, un campo da calcio, uno da tennis e un eliporto. Per i suoi amati aerei invece non ci starebbe lo spazio materiale per eventuali atterraggi, ma se aggiungessimo parte del mio giardino allora potremmo mettere giù un discreto progetto. Quante volte l’ho preso in giro per la storiella del pilota; farà ancora centro, nuota, è reattivo, si ricorda tutto, però questa me l’avrà raccontata circa cinquecento volte dicendo anche che ha preso più applausi lui che un attore di teatro; e io, tutte le volte in cui abbiamo questo dialogo gli rispondo che secondo me la gente non è a posto. Come diavolo è possibile pensare di battere le mani sembrando foche ammaestrate ogni volta in cui un aereo tocca terra? Il pilota ha semplicemente svolto il suo lavoro. Ho un amico che fa il pasticcere, e lo fa in maniera divina, è tra i più bravi al mondo, ma non è che tutte le volte che è in laboratorio e termina la preparazione di una torta c’è lì un gruppo di scemi ad applaudire. Questo potrebbe risultare un esempio banale, ok, allora parliamo di mio fratello: chirurgo che opera a cuore aperto; che facciamo, ad ogni vita salvata gli dedichiamo una statua al centro del paese o un servizio al telegiornale in prima serata? C’è un cantante che amo da impazzire per i testi che scrive, il grande Brunori Sas; le parole delle sue canzoni sono davvero straordinarie; lui è un cantautore e poeta con due palle giganti ma in uno dei suoi testi, a me quelle le ha fatte cadere. Una parte della strofa di Lamezia Milano recita così: “C’è gente che ride per l’applauso al pilota, io vedo solo attaccamento alla vita.” Poetico come sempre Brunori, però tu vedi attaccamento alla vita, io invece vedo solo una banda di coglioni.

“Va beh, ma quindi ci siamo persi la badante che ci tiene il pistolino quando facciamo la pipì?” gli butto lì scherzando.

“Ma che cosa gridi a fare?” mi domanda assumendo un’espressione contrariata. “Sono vecchio, mica rincoglionito.”

“Neanche un pochino?” proseguo particolarmente ispirato, ma lui questa volta preferisce evitare di rispondermi.

“Non la trovo più; di solito a quest’ora è già in cucina a preparare la colazione.”

“L’avrai mica palpeggiata un’altra volta dicendole cose oscene come al solito.”

“Quello sempre, ragazzo mio. Lo sai che la mia mano è ancora la più lesta in circolazione.” e mi fa l’occhiolino bello gasato ed orgoglioso di sé.

“Sei il solito porcellone, Gian.”

“Senti chi parla.”

“Che cosa vorresti dire con questo?” chiedo fingendo indifferenza.

“Intendo dire che il maiale che si è divertito con Iryna tra noi non è di certo il sottoscritto. E, per ferirmi ancor di più, non mi ha neanche mostrato una prova. Si fa così con un povero anziano che è già più di là che di qua?”

“Dove saresti tu? ‘Ci seppellirai tutti’ come diceva quella santa donna di tua moglie quando era in vita.”

“Il Signore la protegga.” chissà da cosa la dovrà mai proteggere questo signore visto che è sottoterra già da un pezzo (naturalmente, quest’ultimo è un pensiero che tengo per me).

“Pensa a cosa direbbe se fosse ancora qui e ti sentisse dire tutte queste cose sulla tua badante, se sapesse di tutte le fantasie erotiche che costruisci su di lei e se vedesse tutte le volte in cui le palpi quelle chiappe da applausi.”

“Se ha sopportato tutto quello che le ho fatto passare quando eravamo sposati…Questo a confronto sarebbe solletico, e lei nemmeno lo soffriva, quindi figurati. Ne avevo…”

“Ne avevi una” lo interrompo nuovamente “restando sempre umili, in ogni città in cui atterravi; per non parlare delle hostess. Ci risiamo Gian, lo vedi che perdi colpi? Anche questa me l’hai già detta un milione di volte.”

“Lo ben so, ma è sempre meglio ricordarlo a uno come te che pensa di fare il furbetto ed essere il principe della passera.” E come dice ‘passera’ quest’uomo non lo ha mai fatto nessuno; lo pronuncia con una delicatezza e un’eleganza che potrebbe scrivere una poesia intitolata in questo modo e lasciare il foglio bianco.

“Anche lei però non mi sembra che, durante i tuoi lunghi viaggi, sia sempre rimasta chiusa in casa a  cucinare e recitare le preghiere.”

“Oh, già!” esclama lui particolarmente divertito. “Il nostro era un matrimonio aperto, libero ed è per questo che è durato tanto. Io giravo il mondo, me la spassavo con tutte le donne belle che incontravo e lei faceva altrettanto; questa si chiama parità dei sessi.

“In effetti siete sempre stati una coppia affiatata.” rispondo ripensando a loro due insieme mentre curavano l’orto.

“Ci abbiamo dato dentro come dei forsennati fino ai suoi ultimi giorni; di questo puoi starne certo.”

“Mai dubita..”

“Irynaaaaaaaaaaaaaaa!” stavolta è lui a interrompermi pronunciando ancora una volta il nome della badante. “Possibile che non risponda?”

“Possibile invece che sia uscita a fare la spesa?”

“Non esce mai al mattino a fare la spesa; dovresti saperlo.”

“Perdonami ma non è che io sappia proprio tutto, Gian.”

“Nonostante tu e lei abbiate…” e fa seguire queste parole da un eloquente gesto della mano.

“Ma finiscila, dai.” gli dico un po’ imbarazzato.

“Chissà come l’hai fatta divertire con quel pilone”

“Allora Gian, dacci un taglio, suvvia!”

“Pensa che invece ho un amico che già lo usava poco quando era giovane, figurati adesso…Una volta sua moglie si è confidata con la mia, dicendo che questo non la sfiorava da così tanto tempo che non ricordava nemmeno più l’ultima volta in cui avevano fatto sesso.”

“Non mi dire che tu…”

“Esatto, ragazzo. Le ho fatto la festa e devo dire che è rimasta molto soddisfatta, lo ricordo come se fosse accaduto ieri.”

“E meno male che era un tuo amico…”

“Lo è anche attualmente dato che respira ancora.”

“Immagino non abbia mai saputo.”

“No, ma anche se l’avesse saputo che cosa avrebbe potuto fare?”

“Spararti?”

“Se quello usasse una pistola come usa l’uccello i decessi qui non esisterebbero.” adoro quest’uomo; troppo divertente.

“In tutto questo la cosa divertente è ciò che una volta mi disse lui.”

“Sentiamo”

“Disse proprio così: ‘se becco una a cui piace molle, la faccio impazzire.” e tutti e due scoppiamo a ridere. “Giuro che questo è ciò che uscì dalla sua bocca. Era in grado di scherzare su questo grave problema che lo affliggeva da non so quanto. E comunque dovremmo cominciare a cercare in giro. Irynaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa.” riparte all’attacco rischiando di stordirmi.

Guarda un po’ invece chi è arrivato a trovarci.” dico al vecchio che ha il viso paonazzo a causa dell’ennesimo schiamazzo; al prossimo gli viene un embolo sicuro. “Ciao bello.” riprendo salutando il gallo che ci si fa incontro.

“Pensa a quanto è scema quella!” esclama lui indignato.

“Va beh ma come sei esagerato.”

“Ma si può avere costantemente un gallo tra i coglioni con questa che lo accudisce come se fosse un cane?” in effetti Iryna ha questo animale con sé da parecchi anni e ci è affezionata più che a un figlio; Gian non lo ammetterà mai ma io sono convinto che abbia tentato più volte di avvelenarlo senza mai riuscirci. Sono forti però i due insieme: lei che lo porta al guinzaglio e lui con quest’aria trionfante e il portamento da pastore tedesco…Ogni tanto prende il telefono, dice ‘foto’ avvicinandosi a lui e questo che fa? Si mette in posa. Robe da matti.

“E poi gli ha pure dato quel nome lì strano.” continua polemico Giangregorio.

“Andriy, l’ha chiamato Andriy.”

“Si, come quel calciatore del suo paese con un cognome impronunciabile, mannaggia a lei!”

“Shevchenko, l’ha chiamato come il più forte calciatore del suo paese; il grande Sheva. Che ricordi pazzeschi.”

“Resta una cretina lo stesso. Con un gran culo ma sempre una cretina resta.”

“Dai Gian, adesso non metterti a fare il polemico come sempre. Tu che hai sempre viaggiato dovresti sapere che a Manila, la capitale delle Filippine…”

“So benissimo dove si trova Manila;” mi interrompe serio come se lo stessi offendendo. “ci sono stato talmente tante di quelle volte che tu non ti puoi nemmeno immaginare. Avevo anche un’amichetta parecchio birichina proprio lì.”

“Va bene, però, e visto che ci sei stato l’avrai notato, lì il gallo è un animale da compagnia e tutti ne hanno uno davanti casa.”

“A me non risulta proprio.” mente spudoratamente. “Chissà dove avrai mai preso queste informazioni del tutto errate. “E comunque,” insiste iniziando a vagare per l’immenso giardino o meglio, per il parco che circonda la sua casa, facendomi cenno di seguirlo “questa è dell’Ucraina, mica una filippina. Che cosa cazzo lo è venuto in mente di ammaestrare un gallo? E poi non si trova più. Ma dove si sarà cacciataIrynaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!” e via a gridare ancora attendando alla mia vita.

“Se non l’hai toccata più del solito, come mi hai detto poco fa, vedrai che sarà qui in giro.”

“Me lo auguro; con tutto quello che la pago.”

“Adesso stai a vedere che è una miliardaria…”

“No, ma i suoi settecento euro al mese puliti se li pappa sempre.”

“Cioè, fammi capire:” gli rispondo sbalordito. “questa ti sta accanto sette giorni su sette, ventiquattr’ore al giorno, ti porta a pisciare, ti pulisce il culo dopo che hai cagato, si fa dire le peggio porcate che possa sentire, le tocchi il culo ogni due minuti, cucina, pulisce, stira, lava, stende…E tu non solo l’hai assunta in nero, ma le dai anche la metà di quello che dovrebbe realmente prendere?”

“Stai facendo un po’ troppe storie.” ribatte indifferente guardandosi attorno in cerca di quella che ormai si può definire la sua schiava.

“Gian io ti voglio davvero tanto bene ma, se non chiamo io la finanza, e non lo farò, credimi, e se non lo farà lei, non credo possa essere così ingenua da rischiare tanto, qualcuno lo farà al posto nostro; è giusto che tu ne sia consapevole.”

“Guarda che c’era anche lei quando le ho fatto la proposta e ha accettato senza fare obiezioni; mi sembrava pure bella felice.”

“Sarà stata sollevata di trovare qualcuno che le desse un lavoro e non la lasciasse in mezzo a una strada. Sei senza cuore Gian.”

“Sentimi un po’,” mi ammonisce puntando l’indice nella mia direzione “questa non sa cucinare, per le pulizie lasciamo perdere; sai cosa cambia da quando passa la polvere a quando non lo fa? Te lo dico io: nulla. Quindi credo che i soldi che piscio dal mio conto siano anche troppi; però vuoi mettere?” mi chiede calmandosi un pochino.

“Che cosa, scusa?”

“Mi manca così poco per morire che almeno mi godo la visione di una gran topa ogni santo giorno che il buon Dio mi regala su questa terra e tocco le chiappe più sode che io abbia mai visto…Solo un cretino avrebbe fatto il contrario; ovvero assumere una bravissima in cucina, che pulisce in maniera eccellente ma brutta come l’inferno. Meglio morire avvelenato guardando un culo perfetto che mangiar bene, crepare comunque, ma avere tra le palle un bidone dell’immondizia.”

“Sei un poet…Ma che cazzo!” esclamo alzando la mano in direzione della quercia secolare che regna nel suo prato perfetto.

“Cosa?” mi chiede lui non capendo perché io sia a bocca aperta. Ma non gli lascio il tempo di comprendere e mi metto subito a correre in direzione del corpo disteso a terra.

“Iryna” gli sento dire. Ma questa volta l’urlo gli resta strozzato in gola.

“E’ viva! Cazzo è viva!” esclamo dopo aver controllato i battiti ed essermi sporcato con il sangue che le scorre sulle braccia. “Chiama subito un’ambulanza, Gian! Dai che la salviamo.”

“Come lo spieghiamo adesso?” mi chiede dopo che i soccorritori l’hanno portata via rassicurandoci sulle sue condizioni aggiungendo che nel giro di qualche giorno si ristabilirà.

“Cosa vorresti spiegare?” chiedo ancora sconvolto.

“Questa cretina ha cercato di suicidarsi e adesso qualcuno verrà a chiedere informazioni.”

“Mi stai dicendo che la tua unica preoccupazione in questo momento è spiegare perché sia stata trovata quasi morta all’interno della tua mega villa una badante ucraina sicuramente senza permesso di soggiorno e sottopagata? E non magari pensare alla sua salute, a come starà, a prepararle dei vestiti, un cambio, spazzolino e dentifricio da portarle in ospedale, contattare una psicologa…?”

“Tutto tempo sprecato.” risponde senza lasciar trasparire un minimo di sensibilità. “L’hai vista no? Questa è talmente scema che non è nemmeno in grado di ammazzarsi; si è pure tagliata le vene nel verso sbagliato!”


Matteo Zolla ama scrivere ed ha iniziato a farlo seriamente solo pochi anni fa. Ha gestito un blog sul calcio e collaborato con alcune testate giornaliste in rete. Autore di due libri: Ciao randagio, come stai? (edito da Segni e parole); ed il secondo è un romanzo dal titolo Ciancianese Football Club (edito da Giovane Holden) in cui a fare la voce grossa sono le esistenze complicatissime di personaggi alquanto disperati. Ha recentemente avviato un podcast.