Mio nonno è come Rambo ma meglio.

Vado a fare due passi nell’orto, per svago, per vedere un po’ com’è la situazione in piena estate. Mi avvicino con passo compassato, con l’urgenza che si addice alla domenica in orario aperitivo. Sulla prima fila di pomodori è già calata l’ombra sbieca della casa. La siepe che delimita il lato sud-est dell’orto è colorata, sulle punte più alte, dello stesso rosso ramato dei capelli della vecchia che ho visto stamani in edicola. Mentre me la rido sotto i baffi da poco sistemati, comincio a sentire un frfrfrfrfrfr – si, è il rumore giusto – proveniente dal limitare della siepe, appena prima che inizi la recinzione vera e propria.

Sono settimane che il nonno è a conoscenza di una bestia malefica che si intrufola nella compostiera a razzolare. Non l’ha mai vista ma sa che esiste, ha più volte trovato un buco scavato dentro il marciume delle bucce e della decomposizione.

È lei, mi dico.

Ripiego sui miei passi – frfrfrfrfrfr – ed entro in casa. Il nonno è sul divano, camicia sbottonata per buona parte. È caldo e lo capisco.

«Nonno», gli dico, «ho sentito rufolare dietro la siepe, laggiù nell’orto. Mi sa che è il talpone».

Non ho avuto bisogno di aggiungere altro. Il sandalo estivo da poco entrato nella rotazione delle calzature fa presa sul pavimento. Il nonno propone un allungo notevole e in un balletto sta già solcando il giardino.

Una frase che mi spiazza, violenta: «Ora prendo il badile e glielo fo vedere io». (nella mia testa il nonno ha adesso i capelli a lunghezza spalle scuri con una fascia in testa è sudato sporco con un ghigno paralizzato)

Prende effettivamente il badile, perché non si sa mai. Poi si tuffa nella siepe, ci si immerge di testa e inizia a muovere i rami fitti e marroni con le foglie verdi scure e con le punte rosse ramate. Il nonno pattuglia seriamente tutto il perimetro, scandagliando ogni lembo di terra con rigore, alla ricerca del nemico. Sono dieci minuti concitati – c’è tensione. È ancora caldo nonostante il chiarore si appresti a spegnersi. Il nonno posa il badile delicatamente, come si posa una forchetta sul tavolo in un ristorante di classe: «Mi sa che è andato via», dice. Poi entra nell’orto e sfruzzica qualche foglia.

Io rimango a guardare, ancora teso.

«Pace», dice poi il nonno uscendo dall’orto con numero tre pomodori ciliegini in mano.

Io rimango ancora un po’ lì, da nessuna parte, e mi interrogo sul significato di quel pace: non so se sia un tendere la mano oppure una rassegnazione momentanea, ma oggi ho visto nel nonno uno barbaglio di Rambo. Poi, però, mi sono ricordato che il nonno è meglio.



Niccolò Protti non dimostra l’età che ha. Gli piace scrivere e cucinare. Suo nonno fa l’orto.