Barocco manifesto.

Per definire qualcosa, quel qualcosa deve avere una sua storicità. Se qui si parla di Barocco, è perché prima c’è stato un Medioevo. Queste due cronotopie esistono come concetti ed hanno finito per informare anche un’epoca differente da quelle genericamente accordategli dagli storiografi. C’è stato un Medioevo digitale, che qui definiamo tra il 2012 ed il 2016, c’è stato il momento apicale di questa fase di mezzo, il 2018, e ad oggi siamo entrati nella consapevolezza del Barocco. Le strutture di informazione, comunicative, relazionali, insomma i porti d’accesso “sicuri” (invero e dunque: per nulla sicuri!), mondani e “a portata di mano”, dei fenomeni si sono svelate per ciò che sono: un meccanismo organico il quale epifenomeno è stato una sorta di oscurantismo di ritorno, figlio di una diffidenza prima collettiva e poi individuale, rispetto a qualsiasi tipo di narrazione, ormai già pre-compresa, in quanto tale, come falsificazione. È qui che finisce il Medioevo e comincia il Barocco: posto che la realtà è un artificio narrativo antropocentrico, utilizzeremo il Mondo, inteso come categoria ontologica trans-soggettiva, come uno strumento, come l’utilizzabile tra gli utilizzabili, ed abbracceremo l’artificio come frame di possibilità e non come mero sdoppiamento farsesco, e vacuamente ironico, della realtà. Questo significa concepire innanzitutto la musica come un assemblaggio discorsivo, prima che una vaga genealogia, implicandone gli elementi nella loro vivacità e rendendoli effettivi. Probabilmente Marx eccedeva in pessimismo quando attribuiva l’appellativo di farsa alla seconda ripetizione della storia, noi qui gli preferiamo la parola: “simulazione”, salvando il carattere di “evento” che condividono entrambi i momenti, l’originale e la replica.

Questo manifesto non intende fare chiarezza o attribuire un ordine sistematico, quanto piuttosto va considerato come il momento in cui vengono sparigliate le carte sul tavolo, c’è un demiurgo (il mazziere) e ci sono tanti giocatori quante le carte a disposizione. Penserete che il numero di carte è finito, determinato, ed avreste ragione: non è così, d’altra parte, per la notazione e le strutture armolodiche ordinarie? Crediamo, insomma, nel potere combinatorio, ludico, generativo e storico della realtà, partendo dalla determinazione fondamentale di questa come grande illusione, come dispositivo finzionale e ci teniamo in questo sentiero aperto, liquidando la necessità di un ottimismo illuminista organizzante. Ci organizziamo per balzi e scatti, e ne seguiamo la traiettoria, piuttosto che misurarla. Barocco è, infine, bianco o aureo, e se una teoria dei colori può sembrare rarefatta, saranno i timbri a parlare la lingua del colore. E’ per questo che il linguaggio, gestuale e parlato, non ha appigli binari, la voce cosiddetta reale ed univoca si perde in una polifonia senza genere, ma con un grande orientamento. Presso le cose, verso le cose e contro le cose stesse.


Aaron Rumore, cantante ed autore, dropout della facoltà di Filosofia della Federico II, nonché intestatario di molteplici dischi, etichette e progetti, tutti abortiti. Ricco, ma povero.