Da quando sono passato più o meno nell’era storica della pubertà, ho sempre trovato difficile trovare una dea, sapete, quella tua cariatide a cui appigliarti nei momenti bui, quando l’ex ti lascia, o quando ti assale la certezza che rimarrai poverello e che i milioni non li farai, o anche quella che ti consola quando allo specchio sei decisamente al di fuori del perimetro che vorresti. Ma sapete, quella tua stella, quella tua ossessione al femminile, quel tuo puerile appiglio “politico”, quella che potenzialmente riesca anche a svelarti in sogno chi votare nell’ultimo giorno della par condicio. Una che quindi sia giusta, integra, bella, simpatica, intelligente, ma anche degna, quella che, a colpo d’occhio, sai che non ti deluderebbe mai.
Ma forse questa necessità sarà una roba tutta gay, che forse ci nasci, oltre che ricchione, anche bisognoso di questo latte stellare della tua madrina mondanella.
Insomma quindi a 12 anni non so come mi ritrovai a voler andare a comprare per € 21,99 Confessions on a Dance Floor della Madonna Ciccone, ma come spinto da un’irrefrenabile voglia, incontrollata, poi tirchio com’ero.
E per anni ho abbozzato. Cosa ? Ho sorvolato quei “passi falsi” della Veronica che poco dopo il 2004 la portavano alla degenerescenza, artistica, personale, ideologica ecc. ecc. In cui, tengo a dirlo, ci si portò anche per mano propria. Eludevo anche quella mia informe, ritardata, inutile (diciamolo) consapevolezza che di lei non ci si poteva fidare, che non era quella giusta, un po’ un’impostora, quella che aveva cominciato con sparate di merda e a difendere a spada tratta l’illogica omertà riguardo il suo faccione rifatto e tante altre cose.
Madonnaro per vocazione, madonnaro per ostinazione, madonnaro per fedeltà.
Poi tra “noi” ci si divide un po’ la pappa : ci sono quelli di Britney, quelli più giovani e scalmanati che stanno per la Beyoncé, quello degli intellettuali del cuore Miniani, o sennò il caduco partito della Milva, per non parlare dei testardi Careyani, e innumerevoli altri che non riesco manco più a scovare. Devo dire che MYSS KETA metteva in discussione il trono, ma non c’era mai stato quel clic irragionevole che mi faceva giurare fedeltà eterna.
E insomma l’altro giorno, verso la Sesta decade di quarantena, mi ritrovo a sentirmi nuovamente obbligato a dover finire in bellezza la mia giornata con un’attività degna, sublimando una giornata devo dire alquanto perfetta. Avevo già visto un film e mi restava ancora un’ora da sfruttare efficacemente prima di non oltrepassare l’orario di decenza e cadere in un abisso di orari sfatti, di cicli di sonno alterati, e evitare di non spalancare il portone di un “responsabile” senso di colpa. Di leggere, proprio non ne avevo cazzi. Quindi mi collego sulla piattaforma streaming (non pensatemi pretenzioso) franco-tedesca arte.tv, e in primo piano mi suggeriscono un documentario su Betty Boop (che poi lassù ho sempre visto documentari sulla guerra fredda e i trattati bellici, chissà perché d’un tratto m’hanno scoperto gossip boy). Vabbe’. Betty Boop For Ever. 54 minuti. Top. Stimavo che per le 00:00 stavo già dormendo.
E lì… nemmeno 25 minuti dopo l’inizio, aveva finalmente risolto la questione della mia venere, spodestato Madonna e tutti gli altri altarini in casting, e già ero arrivato alla conclusione che DOVEVO tatuarmi Betty Boop. Dove? Istintivamente pensavo sulla chiappa sinistra. Tranqui, ci sto ancora pensando. Sono uno che cogita-cogita-cogita tanto prima di farselo, il tatù, ma più che altro perché fa male, poi sulla chiappa figuriamoci, provatevi a darvi un pizzico e dita strette e poi mi dite.

Insomma, ma chi cazzo è Betty Boop ? Onestamente, non lo sapevo, prima di quella sera di transcendence. L’avevo solo vista stampata e in posa su qualche maglietta-becera-misto-cotone-polyelastico, e solo per questo motivo ci avevo litigato senza che mai lo sapesse.
E invece. Lei è la Dea. Lei è la Donna. Colei che ha potuto tutto nei suoi giorni di gloria. Una sorta di MYSS KETA ma totalmente ingenua, genuina, spontanea, a viso scoperto, bona. Da me – ve lo dico – deificata all’istante senza clausole e senza remore, niente messe in discussioni e zero ripensamenti.
Betty : Lavoratrice e senza omo. Casalinga e panettiera. Avventuriera, newyorkese, democratica, naïve, sensuale, indipendente, “candidata presidente” per glorificare la legittimità della donna, suffragette, militante e fiera femminista imparziale… tutto ciò, senza nemmeno esserne cosciente. Una di quelle che non si metteva in dubbio. E forse anche frociarola, ma non l’hanno mai fatto vedere sullo schermo, perché un po’ garçonne et queer lo è sicuramente stata.
Leggibile e fruibile universalmente; dalle movenze, voce, e atteggiamenti che mettevano d’accordo donne e uomini, infanti e senescenti.
L’unica donna che nel giro di pochi anni, tra l’altro poco prima che Roosevelt riuscisse ad arricchire di nuovo gli Stati Uniti con la Bomba, si impose come madre, come amante, come amica, come leader, come eroina coraggiosa e come Speranza. Con una gonna che diremmo oggi “a giro-figa”, giarrettiera ben visibile (anch’essa molto alta, all’altezza degli adduttori n.b.): il problema di mostrare il suo stacco di gambe inverosimile, per lei, e per la maggior parte del mondo, non esisteva. Anzi.
Di per certo, creazione, letteralmente, dell’uomo, forma fisica di tutti i cliché e desideri, sostanzialmente, misogini, che però lei stessa, su ‘sti commentini e punti di vista, fuori onda, li ha presi e ci ha pisciato sopra.
Perché lei, gli uomini, li menava, li puniva, li rimetteva al loro posto. Intendiamoci, violenta in caso di bisogno (ma parlo da no-violence indeciso). Se l’istinto spingeva il maschio delle vicende animate alla palpatina, all’occhiatina sotto la gonna, insomma, alla molestia ordinaria, lei il cazzotto lo dava, o comunque lo prometteva, o gridava aiuto senza vergogna, e vinceva sempre. La sua morale era sempre dalla parte della ragione, indiscutibilmente irreprensibile.
E vi dico solo che il tatù di Betty Boop negli anni ’30 era come il tribale negli anni ’90. Però ragazzi, che qualità.

E il bello di questa storia? Che Betty è stata integra, e lo sarà sempre. Perché è un cartone. Lei è l’industria e mama dell’animato, che in quegli anni Topolino e family, levateve proprio.
Ma Betty è anche il personaggio che ti racconta l’evoluzione post-moderna, perché lei non ha voluto nulla, ha solo fatto. E lo ha fatto con coraggio e “incoscienza”.
Magari qualche cartone di Betty Boop l’avrete anche visto. Ed è raro trovarla nei suoi anni di gloria (’29-‘36), perché più grande è il repertorio che ci fa vedere un corpo regolato dalla buon costume (The National Legion of Decency, tendenzialmente cattolica, maledetti, n.b.).
E l’idiozia, di una censura istituzionale fatta verso un cartone animato, che poi coincide con quel periodo che ci vendono come baby boom economicopetrolifero-viva-le-vacanze-boogie-boogie che in teoria dovrebbe essere il periodo di evoluzione, con Laika1954 a spasso senza guinzaglio per lo spazio (rimanendoci), democrazia e libertà a suffragio.
Si conclude quindi che la gonna di Betty è troppo corta, e l’allungano con un nuovo vestito su misura. Si ritrova chiusa in casa e le danno pure un omo. Il decolté diventa pudico, le dicono che le gambe sono promiscue e la relegano a casalinga sforna-torte. Non credo che l’abbiano messa incinta, ma sicuramente il cane di cui occuparsi glielo hanno dato.
Ma la degenerazione morale continua: non solo era ormai incapace di difendersi, inoltre la facevano diventare pure vittima che se la cercava. L’omo, non lo riusciva più a contrastare. Malgrado l’abito virtuoso di buon costume, in certe scene più tardive della sua carriera le concedono pure l’onore di essere evidentemente molestata e stuprata più di una volta, e tutto quanto passava spensieratamente sulla tele di famiglia.
Non scompare subito, ma lentamente. Gli anni l’avviliscono, invecchia per forza maggiore. Si perde confusa non capendo dove finiva, tra mondo reale e mondo dei cartoni quasi quanto Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988). Si ritrova persa in quel mondo edulcorato dal diabete facile di Biancaneve, Minnie e principesse rincoglionite, che senza omo non c’era storia.
Devo dire che Jessica Rabbit ha sempre avuto un posto di riguardo nel mio cuore, pure lei femminista, però più attuale e che (mi piace pensare che) senza volerlo lo screzio verso Betty lo ha fatto : alea iacta est e buonanotte la cazzata l’abbiamo fatta. Betty Boop non risorgerà mai più, va in pensione tesò che ormai ciao, mandata via dagli stessi che ne avevano tratto più o meno profitto, ma che forse ad un certo punto, complotti a parte, l’avevano vista rischiosa e che, violentata giovane, e forse riesumata a colpi di *****, si ritrova riconoscente per essere ricompensata con quel tozzo duro di pane, grazie alla stabilità economica e il muscolo patriarcale. Faccione grande e gambe fine, ormai non t’attizza manco più. Se pensiamo a quella favolosa e sinuosa Jessica Rabbit, che però, forse malgrado lei, forse per sopravvivere in un mondo dove la gnocca è ancora strapagata, senza contegno ha dato un calcio in culo a Betty Boop, le ha tolto la scena e le ha relegato un posto d’onore come cameriera “si-padrone” e che si fuma anche 40 sigarette comuniste di basso mercato al giorno per andare avanti.
Bye bye, Betty Boop.
Salvatore Pascapè ha 26 anni. Alla ricerca di una terra, fa spola tra l’estero e l’Italia (che gli manca) con la scusa che ogni volta è incompreso, in un’eterna partenza. Il record lo ha fatto a Latina dove si è formato come sarto e modellista. Attualmente si trova a Lione per finire una magistrale in Costume per teatro, ammesso senza mai finire la triennale in DAMS (ma 306 CFU ce li ha). Drag queen franco-italiana, Di Pisa da parte di padre, Mona da parte di madre, sta aspettando il contratto che la faccia sbancare. Frequentatore.trice di mercati.