Iperdenti. Episodio 19. Che diamine di film è?

Romanzo suddiviso in tre parti: AltroveHuper Vision e Iperdenti.

Genere: Fantascienza di Borgata

Il romanzo, ambientato a Roma Est, all’interno di un centro di scommesse sportive in prossimità di borgate periferiche, e scritto in prevalente accento romanesco, nel titolo allude a un gioco virtuale, nel quale vengono risucchiati i personaggi. Tean, Aida, Juri e Tim non sanno tuttavia di essere intrappolati all’interno di quel gioco, in cui accadono eventi incomprensibili. Nel gioco si sviluppa infatti la misura stessa della tridimensionalità, che gli è connaturata, per abbracciare altre dimensioni: mondi filiformi, in grado di generare altre realtà, tutte distorte. Così, nei pensieri e nelle azioni i personaggi saltano da uno stato all’altro, senza rispetto delle regole temporali. L’incomprensibilità delle azioni è frutto della logica del gioco, che invade la loro coscienza; e proietta il presente, che i personaggi vivono o credono di vivere, verso una deriva onirica e ferocemente surreale. Si tratta di un romanzo ciclico che nella sua struttura riproduce le gabbie virtuali che sono parte della condizione odierna.

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Immagini da: (H)earth di Sante Simone, collage digitale, 2020 

RV9 – Episodio 19. Che diamine di film è?

La pista, stranamente, è vuota. Non ci sono nemmeno le sedie. Le tende cominciano a muoversi come fossero mosse dal vento, ma nessuna brezza sfiora il viso di Oki. Le pareti si scuriscono in un grigio vibrato da minuscole luci bianche. Oki capisce di essere in trappola. Intorno è tutto chiuso, lo spazio sembra essere ristretto. Una parete si trasforma in vetro, come fosse uno schermo. Si avvicina per guardare meglio, ma attraverso non vede niente. Non riesce a capire il senso del gioco. Perché altro non può essere. Di questo esperimento non è stata informata e ora è lì dentro, in attesa di un segnale di avvio. Comincia a studiare la stanza dove si trova, niente che possa sembrare di troppo. Come se qualsiasi oggetto sta lì per un motivo; le tende per essere mosse dal vento, le pareti mobili per alludere a un mondo visto dall’alto, lo schermo per la proiezione del segnale, come specchio attraversato. Le fitte improvvise allo stomaco piegano Oki in due. Persiste il suono di un campanello di cui provenienza è impossibile da identificare. Insistente, il suono cresce sempre di più. Lo schermo s’illumina da luci blu dove è possibile ritrarre forme di persone, sagome vive. Si avvicina per guardare meglio. Sembra che dallo schermo si possa guardare un altrove. Infatti, in un angolo vede una ragazza che dorme su un divano a righe rosse, un comodino con sopra una radio, una finestra che disegna una luna di carta a metà. Oki capisce di trovarsi dentro uno schermo spento. La stanza dove si trova la ragazza è uno spazio diviso dal suo, è più grande. D’impatto Oki colpisce con i pugni la superficie per fare rumore. La ragazza sembra che si muova. Si alza per aprire la porta della sua stanza. Oki insiste a colpire sempre più forte lo schermo. La ragazza ora è insieme a un’altra ragazza, che Oki subito riconosce. Tean si siede sul divano. Un po’ sognante, Aida prende il telecomando, accende la televisione, con gli occhi semiaperti sbircia l’immagine. Le mosche grigie questa volta sembrano formare una galassia. Delle luci blu contornano il corpo di Oki in fuoco. (Che diamine di film è?)


Jonida Prifti, poeta/performer e traduttrice dall’albanese all’italiano e viceversa, nata a Berat (Albania) nel 1982, è emigrata in Italia (Roma) nel 2001. Tra le pubblicazioni: Non voglio partorire…(Alfabeta2);  Ajenk (Transeuropa); il saggio Patrizia Vicinelli. La poesia e l’azione (Onyx); Rivestrane (Selva) etc. Nel 2008, con Stefano Di Trapani ha fondato il duo di poetronica “Acchiappashpirt”. Insieme organizzano, dal 2010, il festival annuale romano di poesia sonora “Poesia Carnosa”.  www.jonidaprifti.com