Iperdenti. Episodio 4. Dallo Strizzacervelli.

Romanzo suddiviso in tre parti: AltroveHuper Vision e Iperdenti.

Genere: Fantascienza di Borgata

Il romanzo, ambientato a Roma Est, all’interno di un centro di scommesse sportive in prossimità di borgate periferiche, e scritto in prevalente accento romanesco, nel titolo allude a un gioco virtuale, nel quale vengono risucchiati i personaggi. Tean, Aida, Juri e Tim non sanno tuttavia di essere intrappolati all’interno di quel gioco, in cui accadono eventi incomprensibili. Nel gioco si sviluppa infatti la misura stessa della tridimensionalità, che gli è connaturata, per abbracciare altre dimensioni: mondi filiformi, in grado di generare altre realtà, tutte distorte. Così, nei pensieri e nelle azioni i personaggi saltano da uno stato all’altro, senza rispetto delle regole temporali. L’incomprensibilità delle azioni è frutto della logica del gioco, che invade la loro coscienza; e proietta il presente, che i personaggi vivono o credono di vivere, verso una deriva onirica e ferocemente surreale. Si tratta di un romanzo ciclico che nella sua struttura riproduce le gabbie virtuali che sono parte della condizione odierna.

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Immagini da: (H)earth di Sante Simone, collage digitale, 2020 

X4

“Non voglio parlarci, sono così stupidi e disperati. Pretendono di interagire con loro ogni mattina, avere sempre il sorriso e la battuta pronta, così si sentono più leggeri e vivi. Perché devo rendere una contentezza così superficiale, non lo voglio! Non lo accetto e non ce la faccio! E quando mi danno la colpa per le risposte acide e dirette, si stupiscono quando non ricevono lo stessa moneta. Ma cosa gli devo dire se mi sento impotente di fronte a tale estensione globale della disperazione?! Dedico le mie giornate ad un posto chiuso, buio, illuminato solo dagli schermi pieni di denti. Capisce? Certo, la sala è accogliente, il bar, la fila magica delle slot machine. Al buio si illuminano case calde, cowboy, femmine bionde, alberi in mezzo a recinti finti, tutto finto, ma incredibilmente ipnotico per la sua artificiale proiezione della realtà. È come un’ipnosi. Vede, non so come rendere chiara la situazione.”

– Capisco. Lei deve cercare dentro di sé la sua parte infantile, quella spostata in una camera nascosta del suo cervello. I ricordi la possono aiutare, ma quello che più le potrebbe essere utile è l’azione. Dovrebbe agire nel modo più umile possibile, socialmente accettabile dalla sua mente, per arrivare alla fine. Certo non sarà facile, ma mi creda, è la via della salvezza.

– Sa che Dioniso rappresenta la bellezza divina?

– Sì, lo so. Tu ti senti Dioniso?

– No, però rappresento la bellezza divina. Ciao e grazie, dottò!

– Anvedi chi c’è! Aida.

– No no, mi chiamo Tean.

– M-mma come Tean?

– Eh sì!

– Era m-mmejo Aida, no? P-ppiù d-ddonna, più d-ddonna! Tean m-mme s-ssa d-dde m-mmaschio, e se tipo te chiamo Aida, è più r-rromano, più r-rromano, no?! Ao’, m-mm’ero popo d-ddimenticato de te. È capitato ’na v-vvorta che è cominciata ’n-nna p-ppartita e poi l’artra no! – S-sso’ cominciate?

– Sì, sono iniziate da un po’.

– Comunque sei intelligente. S-ssai, un mio amico che bazzica s-ssempre qua m’ha d-ddetto che te s-ssei laureata, ve’? E mo che fai, ’a m-mmaestra? Ah no, che sto a di’, se s-stai qui come puoi f-ffa’ ’a maestra?! Aidaaaa!

– Aridaje, Fra’!

– S-sstrano, me piace Aida, chissà p-pperché? F-fforse p-pperché s-ssa de r-rromano! M-mma che s-sstai a f-ffa? S-ssta’ a chattà?

– No no, gioco.

– A che gioco s-sstai a giocà? M-mma n-nnon s-ssei italiana p-pperò, ve’?

– No!

– M-mma d-ddai! Chi l’avrebbe m-mmai detto, p-pparli così bene! D-dda quant’è che s-sstai qui, Ai’?

– Uffffff.

– Eh s-ssta T non m-mme s-ssta a genio, m-mme p-ppare brutta! Aida, d-ddai! Oddio, p-pperde er V-vvicenza, m-mmejo così, tanto n-nnon l’ho giocata! S-ssta T me sa tanto di s-ssindrome de la ics f-ffragile, p-ppe’ carità de D-ddio,  io s-sstesso sono s-ssotto s-ssta s-ssindrome,  ’o  s-ssai? Lo s-ssentivo oggi ar telegiornale. Come l’under n-nnon p-ppuò esse’ over così la ics-e è un f-ffattore che in un certo s-ssenso… aspetta, aspetta che me s-ssfugge quella p-pparola c’ha detto er m-mmedico in tv, come f-ffaceva?! M-mmutazione! Ecco cosa p-ppuò esse’, p-ppuò esse’ ’na m-mmalattia? S-ssai che l’under n-nnon p-ppuò esse’ over,  n-nno?

– Sì, lo so, Franz!

– Ecco! Io lo s-sso de esse’ s-sstrano, eh! P-pperò m-mmica l’artra gente s-ssta mejo de m-mme! L’altra v-vvorta s-ssull’auto c’era un s-ssignore tutto d-ddistinto, v-vvestito bene, eh, che s-ssembrava quasi un n-nnobile. S-ssto s-ssignore m-mme guardava s-sstrano, me f-ffissava! E io m-mme s-sso’ f-ffatto ’a d-ddomanda e m-mme so r-rrisposto che f-fforse il m-mmio abito lo ha s-sstranito, ché c’avevo er costume d-dder gladiatore, v-vvisto che f-ffaccio er gladiatore,  ’o s-ssai, n-nno? S-ssu, ’o s-ssai che f-ffaccio er gladiatore! S-ssto ar Colosseo a fa’ f-ffoto coi turisti, coi cinesi, l’americani, l’inglesi, li tedeschi … Ecco, ecco le f-ffoto! Te le f-ffaccio v-vvedé, vedi? Ce s-sstai p-ppure tu.

–  Sì, me le hai già fatte vedere tremila volte, Fra’!

– Insomma, ’o s-ssai quanti s-ssordi me p-ppijo lì p-ppe’ lascialli qua, li m-mmortacci s-ssua d-dder V-vvincenza, oh!

– Che t’importa Fra’, tanto non l’hai giocata.

– M-mme d-ddispiace p-ppe’ l’artri. Li m-mmortacci de s-ssto gioco m-mmaledetto. M-mma che d-ddevo f-ffa’, m-mme d-ddistruggo e me d-ddiverto. Che c’è d-dde m-mmale! Tanto s-sso’ s-ssolo!

– Ma come? Non dicevi l’altra volta che tua madre ti aveva preparato il pranzo?

– Ah s-ssì s-ssì, v-vvabbe’ ’a m-mmamma! D-ddicevo d-dde d-ddonna, n-nnun ce ll’ho!

– E chi era quella tizia dell’altra volta con i capelli neri un po’ ubriaca?

– Ah v-vvabbe’, m-mma lei è una così, n-nnon è una s-sstoria s-sseria. Compare, s-sscompare, così per m-mmagia, n-nn’a capisco, è m-mmatta! E p-pproprio m-mmattaa! S-sse chiama Aida se chiama, come a te, Aidaaa!

– Ah ah ah, come no!

– D-ddai, Ai’, v-vvuoi cenà con m-mme? Ecco, tiè,  te d-ddo tutto, le f-ffieste, i d-dduplo, ’a coca cola, quale v-vvuoi? V-vvuoi cenà? Quale v-vvuoi?

– Ma Fra’, dai su, sono le tre!

– Embe’,  l’ora d-dde cenà, n-nno? D-ddai, quale v-vvuoi?

– Va bene, la fiesta!


Jonida Prifti, poeta/performer e traduttrice dall’albanese all’italiano e viceversa, nata a Berat (Albania) nel 1982, è emigrata in Italia (Roma) nel 2001. Tra le pubblicazioni: Non voglio partorire…(Alfabeta2);  Ajenk (Transeuropa); il saggio Patrizia Vicinelli. La poesia e l’azione (Onyx); Rivestrane (Selva) etc. Nel 2008, con Stefano Di Trapani ha fondato il duo di poetronica “Acchiappashpirt”. Insieme organizzano, dal 2010, il festival annuale romano di poesia sonora “Poesia Carnosa”.  www.jonidaprifti.com