“Perché è importante ad oggi preservare un mercato che pare non interessare ai più? Ecco spiegate le ragioni”
C’era una volta – in un tempo poi non troppo lontano – un mondo in cui l’espressione e la libertà artistica parlavano una lingua unica ed accessibile veramente a tutti: l’underground musicale. Popolato da figure spesso alquanto stravaganti ma senza dubbio molto originali, si estendeva per tutta quanta la nostra penisola in maniera più o meno uniforme, alcune volte trascinandosi dietro solamente un seguito locale ed altre volte – come nel caso di gruppi storici come “Gli Incredibili” di Milano oppure gli “SFC” di Taranto, sempre per rimanere sul genere punk – espandendosi in più regioni dell’Italia stessa.
Ad oggi, quel mondo dalla magica follia – dove sia ben chiaro, a farla da padrona era la passione per la musica e non di certo il mero guadagno da essa – esiste ancora, ma è purtroppo fortemente limitato dai danni che la recente pandemia di COVID-19 ha fatto sull’intero settore della cultura, specialmente a livello economico.
Per capirci, oggi le possibilità che ha un artista di suonare e farsi conoscere non sono nemmeno minimamente paragonabili a quelle che dieci o dodici anni fa artisti oggi conosciuti ai più – come ad esempio un Calcutta o dei Pop X, gli ultimi considerati fra i rappresentanti più influenti in Italia dell’Hyperpop – hanno avuto per far crescere ed evolvere il loro stile, perché dobbiamo ricordare che la cosiddetta “gavetta” è tutt’ora importante e ha proprio lo scopo di portare ad una maturazione sufficiente l’artista per affrontare un qualsivoglia mercato e palco.
Come avrete capito quindi l’underground ha anche questa importantissima funzione, ovvero preparare dei possibili nuovi artisti dai più disparati generi e tipi ad affrontare anche un possibile mainstream un domani, ma la sua natura principale – ed anche funzione più importante – è quella di essere un grande mercato alternativo alla discografia classica, implicata troppo spesso in canoni di stile che non permettono così a molte opere – spesso al di fuori di quello – di poterne far parte.
Ecco perché è importante l’underground nel 2023, ad oggi ancora fortemente necessario come lo è sempre stato non solo per le sue funzioni classiche, ma anche per poter permettere ad un mercato indipendente – ovvero una sorta di underground più in larga scala, ma che può essere considerato anche la stessa cosa – e ad un mainstream un futuro con il giusto – e direi sacrosanto – ricambio di artisti generazionale. Cerchiamo quindi di valorizzarlo a dovere perché, come potrebbe dire una sorta di nuovo Battiato post-apocalittico, “forse era meglio quando gli scemi sulle pedane si muovevano”.
Alessandro Ronconi è un amico di Stefano Di Trapani.