Primàdopo: pollice verde Natale edition.

Siamo in zona natalizia; avrete tutti sicuramente già iniziato ad addobbare la vostra casa con alberi, festoni, e altre amenità. Ma soprattutto incominciate a sentire freddo perché l’ inverno, per quanto oramai mite, comincia a farsi sentire. Meno male che il gas possiamo centellinarlo perché per ora non ci sono arrivate le famose “sveje” siberiane: ma se noi esseri umani possiamo anche ovviare al freddo con comodi maglioni di lana, le piante no. Ecco , le piante nei vasi sono diciamo uno dei miei tanti interrogativi esistenziali.

Una volta mi piaceva molto guardare i fiori, annusarli, cercare di carpirne i segreti quando mi trovavo nel giardino di mia nonna, che teneva molto alle sue piante. Devo dire che in generale in famiglia anche mia mamma aveva un certo pollice verde, erano tutte eredità che venivano dalle origini contadine.  Era come avere una piccola oasi nel caos, dove in qualche modo tutta la natura si ricreava in maniera necessaria, organica, coerente. Li per li, da piccino. la mia fruizione era quella di uno spettatore con la sindrome di Stendhal in un museo, la parte attiva era molto limitata ( ricordo però che un giorno piantai dei girasoli sul terrazzo i cui semi erano in regalo nel corrierino dei piccoli e ne fui molto orgoglioso). Piano piano credo però di aver  ereditato poi anche io un certo approccio contadino, ma di un altro tipo: quello che mi rompo il cazzo di vangare e di stare appresso a ste cazzo di piante.

Si perché bello tutto ma quando James Senese cantava “Ma chi zappa chesta terra
Pe’ nu muorz’ ‘e pane niro
Ca ‘a campagna si ritrova
D’acqua strutt’ e culo rutto”, metteva i puntini sulle i. Certo, non stiamo paragonando il lavoro nei campi al mettere le piante nei vasi, che anzi è considerato un piacevole hobby da molti: però mi chiedo che senso abbia costringere e costringersi a mettere delle piante su dei balconi del cazzo in una città che puzza di culo. Con poco spazio per svilupparsi, poi: vogliamo che profumino l’ ambiente a loro scapito? Vogliamo forse pulirci le coscienze con un po’ di “verde” intorno mentre “qui in centro respiro il cemento”? Vogliamo farle crepare di freddo a causa di gelate repentine , o di caldo estivo grazie ad alzate di gradi improvvise e completamente fuori contesto climatico che sono il lascito degli abusi ambientali di noi giovani? E poi come faccio a ricordarmi di innaffiarle se sono perennemente sbronzo? Ecco allora preferisco le piante grasse: non hanno bisogno di niente, sono indipendenti, e fanno anche dei fiori di notevole bellezza. Sul mio balcone non mancano mai e con le loro spine mi difendono dalla negatività di quelli che usano la natura solo quando gli fa comodo, in maniera ornamentale. E no, cari..la natura siamo noi: e non c’è niente di più artificiale. A proposito, visto che tanti si lamentano di non poter più usare l’ abete vero per fare l’ albero di Natale ( che giustamente è un azione poco rispettosa della natura), consiglio di usare un bel cactus e riempirlo di lucette e pallette: tanto in questo deserto culturale chi meglio di lui può sopravvivere alle feste?


Demented Burrocacao è co-fondatore e CEO di Droga. Conduce Italian Folgorati per Vice, ha pubblicato, tra gli altri, l’album psichedelico Shell a nome Trapcoustic. Tra i suoi libri, Si trasforma in un razzo missile, uscito per Rizzoli Lizard e Italian futuribili, uscito per minimum fax.