Tutti conoscono la storia di Unabomber, il matematico che inviava pacchi postali contenenti bombe alle persone che secondo la sua visione del mondo stavano (o avevano già) rovinando il mondo, provocando 3 morti e 23 feriti. Radicalmente contro la tecnologia. Con un pensiero ben argomentato, trascritto in un testo destinato alle persone da evangelizzare intitolato La Società Industriale e il Suo Futuro.
Questa storia era già apparsa in una produzione cinematografica del 2017, interamente incentrata sulla sua figura, intitolata Manhunt, a mio avviso piuttosto debole e decisamente ampollosa.
Ted K è invece del 2021, stesso anno in cui è stato presentato alla Berlinale. Il regista Tony Stone si era già cimentato in produzioni che avevano per tema la vita rurale e scenari bucolici, basti vedere i suoi lavori precedenti: il documentario Peter and the Farm, l’affascinante e blackmetallaro Severed Ways e Out of Our Minds, quest’ultimo scritto dalla sua compagna, la musicista canadese Melissa Auf der Maur.
Ted K soffre di tanti difetti, come ad esempio un eccessivo manierismo indie che lo induce a optare verso alcune scelte di regia un po’ banali e scontate, ma sicuramente la storia di Unabomber offre a Stone gli spunti giusti per esprimere al meglio la sua estetica incentrata su maestosi scenari naturalistici che impattano con un progresso tecnologico anni Novanta decisamente affascinante. Una visione della natura a volte solipsistica, altre volte psichedelica, che guidata dalla lettura in sottofondo degli scritti di Kaczynski risulta in alcuni casi troppo schematica, ma arriva dritta al punto.
Il personaggio non copre tutte le sfaccettature del vero Kaczynski, uno che ha vissuto per molti anni in una cabina di legno nelle foreste del Montana, mettendo in atto praticamente tutti gli scritti di John Zerzan, il famoso filosofo primitivista tornato in auge negli ultimi anni. I due entrarono infatti anche in contatto durante il processo di Kaczynski intorno al 1996, un paio di anni dopo quest’ultimo provò a suicidarsi impiccandosi, per poi nel 2008 ripudiare aspramente l’anarco-primitivismo. Nel film Kaczynski sembra apparire invece soltanto come un pazzarello rancoroso deciso di mettere in atto la sua rivoluzione (cosa per certi versi neanche troppo distante dalla realtà, per quello che può contare parlare di pazzia e normalità), in cui emergono i forti tratti misogini che lo hanno contraddistinto e il rapporto controverso con suo fratello. Ma in generale va bene anche così.
Notevole la colonna sonora, scritta da Blanck Mass e contenente brani di Prurient, Alice in Chains, Ben Frost, Type O Negative, Van Der Graaf Generator e altri. Da segnalare la gustosissima e perfetta incursione vapor nel momento in cui Kaczynski entra nel negozio di computer.
Riccardo Papacci è co-fondatore e CEO di Droga. Ha scritto un libro (Elettronica Hi-Tech. Introduzione alla musica del futuro) e ne ha in cantiere un altro. Collabora con diverse riviste, tra cui Not, Il Tascabile, Esquire Italia, Noisey, L’Indiscreto, Dude Mag.