Sui nuovi quesiti del corpo che si sottrae: un’introduzione.
Marthia Carrozzo
Da un’idea di Marthia Carrozzo ed edita da Kurumuny edizioni, Camminamenti nasce nella primavera del 2019, con l’uscita del suo primo numero Al Maqam, la storia di Naìma (O del corpo che si rivela), che mette insieme le poesie scelte, in arabo e in italiano, di Joumana Haddad e un saggio – racconto di Nabil Salameh, con il proposito di far dialogare la poesia con altri saperi. Stazione degli occhi (O del corpo che si sottrae) è la nostra seconda perla.
Nell’idea stessa di questa piccola collana di scritture in movimento, il corpo è perno attorno al quale ruota il senso più intimo di una scrittura viva, che non sa starsene sulla pagina e che trova incarnazione, di volta in volta, in quei poeti capaci di declinare in versi quella particolare sfumatura fatta di presenza, quell’esserci che è peculiare alla poesia nel suo compiersi, nel suo farsi voce, sentinella esatta del proprio tempo, nell’imprescindibile atto politico dell’entrare in relazione con l’altro. In piena emergenza pandemica, la scrittura delle nostre due autrici vira naturalmente, quasi istintivamente a testimoniare un corpo in moto retrogrado – allarmato e vigile, vivo e bruciante, seppure nella sottrazione a cui è costretto. Sventura certo pari a quelle che la mitica figlia di Ecuba e Priamo avrebbe potuto vaticinare, mettendoci forse in guardia, se solo avesse avuto in sorte di poter essere creduta. Il virus, il lockdown, il necessario distanziamento. Necessario? O rischioso? Cosa implica la sottrazione del corpo? Quale, davvero, la pandemia da cui trarsi in salvo, quando è il corpo che si sottrae? Le poesie in albanese di Jonida Prifti, poetessa, performer e interprete (rese nella traduzione a fronte di Dafina Prifti), ci vengono proposte come frammenti di un monito, l’oracolo, sempre interrogativo, di una Cassandra contemporanea che sceglie di interpellare se stessa sulle ragioni del corpo che si sottrae. Che è della poesia non già approntare le risposte, ma innescare le domande, in se stessi come in chi ascolta – e si ausculta – attraverso la voce del poeta. Jonida Prifti lo fa nella sua lingua madre, scegliendo, forse non a caso, in un momento di pericolo, di mettere in versi e mettere in atto un ritorno alla radice che assume il peso specifico di un voler dire estremo. Ad accompagnare la nostra poetessa, in questo secondo camminamento, Donatella Della Ratta, docente di comunicazione e giornalista, scrittrice ed esperta di media arabi. Controcanto disincantato alle poesie, alle domande inevase e inquiete, necessarie e struggenti di Jonida Prifti, lo sguardo di questa studiosa dei fenomeni e delle dinamiche sociali prende la forma di racconti brevi che, servendosi dei versi, cercano una risposta plausibile non solo agli interrogativi lasciati in sospeso da Jonida, ma più esattamente a questo inusuale «essere corpo alla fine di marzo ventiventi», fermo anch’esso alla stazione degli occhi, in mezzo ad altri corpi pietrificati nell’attesa. Dove finisce il corpo, la sua essenza stessa, se è costretto a sottrarsi? Dove finisce il suo reagire ad altri corpi, se anche questi si sottraggono? Dove finisce il suo essere corpo vivo, se si condensa, isolato, al centro di uno sguardo fermo alla stazione di un divenire che non sappiamo quanto tempo richiederà?
Stazione degli occhi (O del corpo che si sottrae)
Jonida Prifti
Traduzione di Dafina Prifti
[…]
Akoma në vesh dëgjohen
tingujt e ulërimave
pasqyrë me tre faqe
refleks në fytyrën tonë
ngadalë shkrin nga vullkani
djersë në mish të kulluar
gjëmon larg nga ultësirat
zbret nga qendra e barkut
gëlltit gjithë rrezen e hijes
plumb për shpellën e mitrës
përtej lëngjeve intime
sa gram lëkure kam lënë?
Ancora all’orecchio si sentono
i suoni delle urla
specchio a tre lati
riflesso nel nostro viso
piano fonde dal vulcano
sudore di carne al setaccio
tuona lontano dalla pianura
scende dal centro del ventre
ingoia tutto il raggio dell’ombra
proiettile per la caverna dell’utero
oltre i liquidi intimi
quanti grammi di pelle ho lasciato?
[…]
E dërrmuar
në varkën me vela të ulura
i pafund deti dridhet
nga buza bie qetësi
erë që shtyn valët në muzg
bien retë tatëpjetë
pas kurrizit tej ishujve
zhyten dritat në gropa
nën strehën e shkretëtuar
gumëzhin turma, larg
janë ulërimat e ndërgjegjes?
*
A pezzi
nella barca a vele piegate
infinito il mare trema
dal labbro scende la quiete
vento che spinge onde al crepuscolo
cadono nuvole in discesa
dietro, oltre le isole
s’infossano luci
sotto il riparo deserto
ronza la folla, lontano
sono le urla della coscienza?
Gesto eroico/erotico
(o del corpo sociale aka cadavere sociale)
Donatella Della Ratta
Il corpo sociale è a terra. Mi do da fare per rianimarlo.
Con i miei guanti rossi di pelle rossa e il fiato pronto a entrare a pieno ritmo nei polmoni credo di poter compiere un gesto erotico, un gesto eroico.
Mi sputo sui palmi delle mani perché un po’ di liquido non guasta, nel risveglio dalla secchezza. Massaggio con la saliva rossa fra le mie mani rosse il cadavere immobile e penso: non è un gesto necrofilo, è giusto un gesto eroico/erotico.
Mi avvicino e con le dita rosse gli tappo il naso. Prendo respiro salubre – uno, due, tre – e gli soffio aria nella bocca. Spingo con forza, con capriccio, con rabbia. Il torace del cadavere si espande, torna a riposo.
Mi avvicino di più. Gli passo la lingua sotto i denti, uno per uno, come per lucidarli. Gli penetro la cavità orale con un gesto deciso della lingua che muovo a frugargli la mucosa, a cacciare umidità.
Il cadavere sociale sussulta.
Il gesto eroico/erotico è compiuto. I miei guanti rossi escono indenni, asettici.
Jonida Prifti, poeta/performer e traduttrice dall’albanese all’italiano e viceversa, nata a Berat (Albania) nel 1982, è emigrata in Italia (Roma) nel 2001. Tra le pubblicazioni: Non voglio partorire…(Alfabeta2); Ajenk (Transeuropa); il saggio Patrizia Vicinelli. La poesia e l’azione (Onyx); Rivestrane (Selva) etc. Nel 2008, con Stefano Di Trapani ha fondato il duo di poetronica “Acchiappashpirt”. Insieme organizzano, dal 2010, il festival annuale romano di poesia sonora “Poesia Carnosa”. www.jonidaprifti.com
Nelle sue differenti versioni ed identità, Donatella Della Ratta è stata autrice televisiva su una rete nazionale ma non nazional-popolare; giornalista di un quotidiano comunista ma non comico; community manager in quel della Silicon Valley e social agitator in c’era una volta il Medio Oriente. Attualmente scrive, performa e fa la prof all’università, seria ma senza prendersi troppo sul serio.