BUONA GIORNATA AMO.


Che splendide giornate si prospettavano all’orizzonte quando nessuno mai ti avrebbe augurato Buona Giornata nemmeno sotto tortura né tanto meno per dovere di policy aziendale.
Eppure l’odioso mantra marketing oriented continua ad avvelenare i nostri caffé e i nostri panini, nonché i nostri benamatissimi cazzi accompagnato spesso da un Ciao Caro/Ciao Cara ipocritamente confidenziale, ipocritamente genderless persino dall’ortolano, irritante come un gessetto spezzato sulla lavagna. Come dire: oltre la beffa il danno. Quindi ti ripassi mentalmente il De Niro di Taxi Driver, giusto per non farti andare di traverso il caffé o l’apertura del portafoglio, a scelta.

Insomma dei Buona Giornata  sempre e comunque, sparati a prescindere, persino a fronte dell’evidenza più sfacciata tipo Andrà Tutto Bene. Ma Andrà tutto Bene cosa? Basta che vada un attimo meglio… ma nel frattempo stattene quieto che è il primo passo per far andare le cose un pochino meglio. Dei Buona Giornata, talmente finti, talmente melliflui, che sei già pentito di essere nel posto in cui sei, perché sembrano l’augurio dell’esatto contrario… e nel mentre la tua mano sottilmente s’insinua nella tasca del cappotto per approssimarsi al “magico talismano”. Qualcuno potrebbe opinare, e a ragione, che tutta questa finta gentilezza d’accatto null’altro sarebbe se non l’evoluzione degli inebrianti dottore, dottore, maestro, dottò, spesi con sapiente maestria dagli antichi virtuosi del chiagnifottismo.


Tutto cambia, niente cambia? Forse, ma il servilismo palese o edulcorato è per lo meno un brutto spettacolo, quando non diventa preludio a qualcosa di peggio.  Parole a vanvera, gentilezza a vanvera, empatia a vanvera come nuovi diktat del leccaculismo invidiosetto diffuso. Per non parlare degli Amo a profusione sventagliati da donne che parlano come checche (sì, ho detto “checche”, ohibò) che a loro volta vorrebbero parlare come donne riuscendo soltanto ad imitare le versioni materne delle dive del muto. La narrazione del niente la fa da padrona su ogni fronte. E l’avremmo dovuto capire già dal primo spuntare di improbabili scuole di scrittura oggi istituzioni, che lo storytelling del vuoto avrebbe dilagato dai DPCM all’infinito e oltre. Certo non potrebbe essere che così, quando il verduraio è diventato un gioielliere, il macellaro quasi una mensa per poveri e i parrucchieri  superstar. Quando gli autogrill narrano, formato murales, delle irrinunciabili gesta del tuo extra ordinario toast (sì, proprio il tuo) e i call center ci rimbalzano in labirinti escheriani tutte le volte che dobbiamo semplicemente disdire un qualsivoglia  abbonamento che in un momento d’euforia avevamo sottoscritto, credendo ingenuamente non fosse un indissolubile patto satanico, finalmente capici. Capisci che una qualsiasi forma d’intelligenza potrebbe essere l’unico ostacolo al dilagante fluire dei quotidiani tsunami di fregnacce. Ma poi ci ripensi e rispondi: Buona Giornata anche a lei.


Maurizio Marsico è Rockstar senza volto, genio mascherato da fumetto vivente, agente segreto a questo punto smascherato? Senz’altro Marsico. Senz’altro colpevole.” (da Life on Marsico – Ascesa, Caduta, Ricadute e Risurrezioni di Maurizio “Monofonic Orchestra” Marsico,  scritto da Christian Zingales, Goodfellas Edizioni 2019)
Il suo ultimo lavoro è il disco totalmente a quattro mani con Stefano di Trapani, The Greatest Nots.