“Cosa hanno rappresentato per te gli Autechre?” – Fabrizio Modonese Palumbo.

Nel 2003 alla vigilia delle registrazioni del nuovo album dei Larsen, Play il terzo dei nostri attuali 17, i miei compagni Marco “il Bue” Schiavo, Paolo Dellapiana e Roberto Maria Clemente ed io ci ritrovammo ad affrontare un improvviso cambio di line-up, la nostra bassista e cantante decise infatti di abbandonare la musica e quindi noi. Decidemmo in nome dell’integrità del progetto, e della mancanza di tempo, di non sostituirla, ma invece arricchire il nostro ensemble con collaborazione esterne (nello specifico quelle con Julia Kent, Matt Howden, Marco Milanesio e Paul Beauchamp) e guardare ai nostri ascolti del momento come possibile orizzonte e fonte di ispirazione cercando possibili sinergie dove apparentemente più lontane ed improbabili e trovandole nella musica alchemica ed enigmatica degli Autechre. Il primo approccio, quello di rielaborare alcuni loro brani e dare vita ad un album di cover, fu un “fallimento” al quale di sicuro contribuì la differenza di strumentazione, ma nel tentativo di decodificare ed isolare le strutture originali di Rob Brown e Sean Booth ci perdemmo invece nei loro vortici e specifici elementi, melodie, progressioni, intrecci ritmici ci si rivelarono come portali per il nostro stesso universo sonoro, alcuni tornando poi ad esistere all’interno delle nostre nuove composizioni fino al deflagrare delle distese del “VLetrmx21” di Garbage nel nostro “G”.
All’epoca gli Autechre suonavano come nient’altro di sentito, e con ammirevole costanza e maniacale ossessione sono arrivati ad essere sempre più sé stessi, un corpo unico ed altro che oggi come allora mi affascina per il suo creare possibili altri mondi, mondi apparentemente autogeneratisi e potenzialmente infiniti, meccanici ma organici, geneticamente modificati ed in continua mutazione, a-frattali nel dettaglio così come nelle proprie amalgame. Un intreccio di cluster, angoli e distese, come i panorami sintetici ed emozionali delle loro copertine. Poliritmie ed una visione trasversale, non lineare, del tempo. Figure circolari e disgregate. Cellule sonore aliene ma integranti del DNA umano e del cosmo.




Fabrizio Modonese Palumbo porta avanti vari progetti ed è chitarrista nei Larsen.